Studiare il cibo significa indagare dimensioni materiali e immateriali che sono alla base dell’agire umano. Far luce sui sistemi di produzione, di trasformazione e di consumo, che sono tematiche centrali nella prospettiva di analisi antropologica, diventa determinante per comprendere altri modi di vivere la vita. Il pane è un esito rilevante di questa traiettoria e le differenze di farine, d’impasto, di lievitazione, di forme, di cottura, di tempi produttivi e simbolici hanno dato vita in Italia a una eccezionale varietà di esiti: si dice che ogni paese ha il suo pane, ogni campanile ne possiede almeno uno, mentre alcune “occasioni, non solo solenni o festive ma anche umilmente feriali e quotidiane” che definiscono il ciclo dell’anno e della vita richiedono la messa in atto di specifiche panificazioni figurative e ornamentali (Cirese, 1977, pp. 83-95). Il “pane cibo e il pane segno” (Cirese, 1990) rappresenta il nutrimento che maggiormente racchiude le istanze più urgenti che l’umanità può esprimere: “la vicenda del nascere, del vivere, del morire, del risorgere; la necessità dialettica tra immanenza e trascendenza come quella tra natura e cultura: la terra che nutre, l’uomo che miete, macina, plasma, l’acqua che fonde, il lievito che gonfia, il fuoco che cuoce, l’uomo che mangia, il divino che in ogni momento interviene” (Buttitta I. E., 2013, p. 327). Il pane, nella cultura popolare, diventa così un marcatore del tempo quotidiano e del tempo eccezionale della festa.

Dal mondo del pane a un mondo senza pane

Davide Porporato
2024-01-01

Abstract

Studiare il cibo significa indagare dimensioni materiali e immateriali che sono alla base dell’agire umano. Far luce sui sistemi di produzione, di trasformazione e di consumo, che sono tematiche centrali nella prospettiva di analisi antropologica, diventa determinante per comprendere altri modi di vivere la vita. Il pane è un esito rilevante di questa traiettoria e le differenze di farine, d’impasto, di lievitazione, di forme, di cottura, di tempi produttivi e simbolici hanno dato vita in Italia a una eccezionale varietà di esiti: si dice che ogni paese ha il suo pane, ogni campanile ne possiede almeno uno, mentre alcune “occasioni, non solo solenni o festive ma anche umilmente feriali e quotidiane” che definiscono il ciclo dell’anno e della vita richiedono la messa in atto di specifiche panificazioni figurative e ornamentali (Cirese, 1977, pp. 83-95). Il “pane cibo e il pane segno” (Cirese, 1990) rappresenta il nutrimento che maggiormente racchiude le istanze più urgenti che l’umanità può esprimere: “la vicenda del nascere, del vivere, del morire, del risorgere; la necessità dialettica tra immanenza e trascendenza come quella tra natura e cultura: la terra che nutre, l’uomo che miete, macina, plasma, l’acqua che fonde, il lievito che gonfia, il fuoco che cuoce, l’uomo che mangia, il divino che in ogni momento interviene” (Buttitta I. E., 2013, p. 327). Il pane, nella cultura popolare, diventa così un marcatore del tempo quotidiano e del tempo eccezionale della festa.
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