Il saggio fornisce un contributo alla comprensione del rapporto che intercorre tra la dimensione festiva e il cibo nei territori italiani contraddistinti dalla lingua minoritaria occitana. Un areale, soprattutto alpino, in cui il ciclo dell’anno si struttura in due tempi che un noto e diffuso proverbio così codifica: “Otto mesi d’inverno e quattro d’inferno”. Nella visione tradizionale del tempo occitano il ritmo stagionale annuale riconosce solo due stagioni, quella lunga, del freddo invernale, e quella breve, del caldo estivo. I due ritmi calendariali possono anche essere intesi come metafora di due tempi: da giugno a settembre, in cui la terra produce, da ottobre a maggio, in cui la terra riposa. Entrambi i cicli, a loro volta, s’intersecano con il calendario festivo; la dimensione cerimoniale, sacra e profana, si anima di santi, di maschere animali e di cibi. L’indagine è stata condotta a partire da originali dati raccolti sul terreno, parallelamente ad una vasta disamina della letteratura folklorica sulle alpi piemontesi. La ricerca è parte di una originale e promettente indagine, promossa dal Mibact insieme all’Università degli Studi di Scienze Gastronomiche, sul nesso cibo-festa fra le minoranze linguistiche storiche d’Italia. Una inedita prospettiva d’indagine che complessivamente ha rappresentato un originale impianto di ricerca di valenza nazionale.

Il cibo rituale nelle valli occitane

PORPORATO, Davide
2016-01-01

Abstract

Il saggio fornisce un contributo alla comprensione del rapporto che intercorre tra la dimensione festiva e il cibo nei territori italiani contraddistinti dalla lingua minoritaria occitana. Un areale, soprattutto alpino, in cui il ciclo dell’anno si struttura in due tempi che un noto e diffuso proverbio così codifica: “Otto mesi d’inverno e quattro d’inferno”. Nella visione tradizionale del tempo occitano il ritmo stagionale annuale riconosce solo due stagioni, quella lunga, del freddo invernale, e quella breve, del caldo estivo. I due ritmi calendariali possono anche essere intesi come metafora di due tempi: da giugno a settembre, in cui la terra produce, da ottobre a maggio, in cui la terra riposa. Entrambi i cicli, a loro volta, s’intersecano con il calendario festivo; la dimensione cerimoniale, sacra e profana, si anima di santi, di maschere animali e di cibi. L’indagine è stata condotta a partire da originali dati raccolti sul terreno, parallelamente ad una vasta disamina della letteratura folklorica sulle alpi piemontesi. La ricerca è parte di una originale e promettente indagine, promossa dal Mibact insieme all’Università degli Studi di Scienze Gastronomiche, sul nesso cibo-festa fra le minoranze linguistiche storiche d’Italia. Una inedita prospettiva d’indagine che complessivamente ha rappresentato un originale impianto di ricerca di valenza nazionale.
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