Il contributo di Gianpaolo Fassino («Sono riputati fra i migliori d’Italia». Il Tartufo bianco d’Alba dalle statistiche napoleoniche all’Inchiesta Jacini) analizza quale sia la presenza del tartufo all’interno di alcune importanti inchieste agrarie relative al territorio piemontese. La lettura proposta muove dall’Inchiesta Jacini, condotta per il Piemonte dall’onorevole Francesco Meardi, con il suo importante approfondimento sul territorio della Langa offerto da Lorenzo Fantino, per poi procedere a ritroso sino alle statistiche dell’età napoleonica compilate da Gian Secondo De Canis e da Gilbert Chabrol de Volvic. Queste preziose fonti etnografiche sono lo strumento – nella lettura proposta da Fassino – attraverso cui è possibile comprendere antropologicamente come il Tuber magnatum Pico sia diventato via via nel corso del tempo sempre di più un cibo dell’alterità e della distinzione. Il tartufo è così interpretato come “buono da pensare” ma, per l’agricoltore-raccoglitore, “cattivo da mangiare”, mentre viceversa alla mensa del ricco esso si presenta come un ricercato alimento voluttuario, dalle scarse proprietà nutritive ma dalla forte valenza simbolica.

«Sono riputati fra i migliori d’Italia». Il Tartufo bianco d’Alba dalle statistiche napoleoniche all’Inchiesta Jacini

Fassino G
2017-01-01

Abstract

Il contributo di Gianpaolo Fassino («Sono riputati fra i migliori d’Italia». Il Tartufo bianco d’Alba dalle statistiche napoleoniche all’Inchiesta Jacini) analizza quale sia la presenza del tartufo all’interno di alcune importanti inchieste agrarie relative al territorio piemontese. La lettura proposta muove dall’Inchiesta Jacini, condotta per il Piemonte dall’onorevole Francesco Meardi, con il suo importante approfondimento sul territorio della Langa offerto da Lorenzo Fantino, per poi procedere a ritroso sino alle statistiche dell’età napoleonica compilate da Gian Secondo De Canis e da Gilbert Chabrol de Volvic. Queste preziose fonti etnografiche sono lo strumento – nella lettura proposta da Fassino – attraverso cui è possibile comprendere antropologicamente come il Tuber magnatum Pico sia diventato via via nel corso del tempo sempre di più un cibo dell’alterità e della distinzione. Il tartufo è così interpretato come “buono da pensare” ma, per l’agricoltore-raccoglitore, “cattivo da mangiare”, mentre viceversa alla mensa del ricco esso si presenta come un ricercato alimento voluttuario, dalle scarse proprietà nutritive ma dalla forte valenza simbolica.
2017
978-88-8499-509-4
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FASSINO_Sono riputati i più buoni d'Italia. Il Tartufo bianco d'Alba dalle statistiche napoleoniche all'Inchiesta Jacini_(2017).pdf

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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11579/188973
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