Il conflitto mondiale, che pone fine al dodicennio hitleriano, lascia profonde ferite nel tessuto urbano, sociale ed economico tedesco, lacerando la popolazione sul piano sia collettivo, sia individuale. Il romanzo E non disse nemmeno una parola (Und sagte kein einziges Wort, 1953) di Heinrich Böll riflette la crisi postbellica della Germania e si inquadra in quella che lo scrittore definisce “letteratura delle macerie” (Trümmerliteratur), sebbene lasci già intuire gli esiti che la narrativa impegnata di Böll avrà a partire dalla metà degli anni Cinquanta. Il rapporto fra linguaggio e realtà assume un ruolo centrale nella raffigurazione di una crisi profonda, che l’autore proietta sulla dimensione urbana di Colonia e su quella di coppia dei protagonisti, i coniugi Käte e Fred Bogner. Il disagio personale – frammento di una crisi che trascende il singolo – è messo a fuoco in quattro ambiti distinti, ma intimamente collegati fra loro: familiare, religioso, economico e storico. Ciascuno di essi si cristallizza in parole udite, lette o spazializzate, che si configurano come tappe del doloroso percorso verso una rinascita ancora da conquistare. Se da un lato la crisi si fa scrittura, dall’altro essa diviene silenzio e sfocia nell’afasia evocata dal titolo. La crisi travolge il linguaggio; l’incomunicabilità ostacola il cammino del singolo nel processo di ricostruzione dell’‘io’ e del ‘noi’, supportata dalla struttura del testo che, capitolo dopo capitolo, alterna il punto di vista dei due protagonisti, offrendo solo brevi squarci di una comunicazione agognata e liberatoria, ma dolorosa e precaria. Esiste però una possibile àncora di salvezza che, grazie al complesso di valori che incarna, condensa tutte le potenziali energie costruttive presenti nel romanzo e rinvia all’intimo rapporto fra linguaggio ed essere (cfr. Heidegger): la casa (Haus). E’ questa l’ultima parola pronunciata da Fred a coronamento della sua presa di coscienza; è questa l’ultima parola scritta da Heinrich Böll al termine della sua narrazione; è questa l’unica parola in grado (forse) di risvegliare una nuova consapevolezza e condurre al superamento della crisi.

Crisi nella lingua e crisi della lingua. La Germania postbellica in "E non disse nemmeno una parola" di Heinrich Böll

GIOVANNINI E
2017-01-01

Abstract

Il conflitto mondiale, che pone fine al dodicennio hitleriano, lascia profonde ferite nel tessuto urbano, sociale ed economico tedesco, lacerando la popolazione sul piano sia collettivo, sia individuale. Il romanzo E non disse nemmeno una parola (Und sagte kein einziges Wort, 1953) di Heinrich Böll riflette la crisi postbellica della Germania e si inquadra in quella che lo scrittore definisce “letteratura delle macerie” (Trümmerliteratur), sebbene lasci già intuire gli esiti che la narrativa impegnata di Böll avrà a partire dalla metà degli anni Cinquanta. Il rapporto fra linguaggio e realtà assume un ruolo centrale nella raffigurazione di una crisi profonda, che l’autore proietta sulla dimensione urbana di Colonia e su quella di coppia dei protagonisti, i coniugi Käte e Fred Bogner. Il disagio personale – frammento di una crisi che trascende il singolo – è messo a fuoco in quattro ambiti distinti, ma intimamente collegati fra loro: familiare, religioso, economico e storico. Ciascuno di essi si cristallizza in parole udite, lette o spazializzate, che si configurano come tappe del doloroso percorso verso una rinascita ancora da conquistare. Se da un lato la crisi si fa scrittura, dall’altro essa diviene silenzio e sfocia nell’afasia evocata dal titolo. La crisi travolge il linguaggio; l’incomunicabilità ostacola il cammino del singolo nel processo di ricostruzione dell’‘io’ e del ‘noi’, supportata dalla struttura del testo che, capitolo dopo capitolo, alterna il punto di vista dei due protagonisti, offrendo solo brevi squarci di una comunicazione agognata e liberatoria, ma dolorosa e precaria. Esiste però una possibile àncora di salvezza che, grazie al complesso di valori che incarna, condensa tutte le potenziali energie costruttive presenti nel romanzo e rinvia all’intimo rapporto fra linguaggio ed essere (cfr. Heidegger): la casa (Haus). E’ questa l’ultima parola pronunciata da Fred a coronamento della sua presa di coscienza; è questa l’ultima parola scritta da Heinrich Böll al termine della sua narrazione; è questa l’unica parola in grado (forse) di risvegliare una nuova consapevolezza e condurre al superamento della crisi.
2017
978-88-942697-1-0
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11579/105932
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