In questa tesi si affronta il tema della valutazione delle competenze orali in italiano L2 di studenti immigrati a livello avanzato – un’area di ricerca poco esplorata in generale e del tutto trascurata in Italia, dove invece la valutazione è un problema delicato per gli operatori della scuola, cui le recenti riforme chiedono di registrare le competenze e i progressi linguistici degli alunni immigrati. La tesi si propone di contribuire a risolvere questo problema, discutendo la natura, lo sviluppo e la misurazione della proficiency linguistica. Riprendendo le recenti discussioni emerse a livello internazionale, in questa tesi si coniugano la prospettiva acquisizionale e quella del testing, elaborando uno studio che, oltre ai risultati teorici, offre anche qualche spunto circa le implicazioni pratiche sia per la didattica sia per la valutazione delle competenze linguistiche degli studenti immigrati inseriti nella scuola italiana. La tesi quindi da un lato analizza in prospettiva acquisizionale la variabilità longitudinale e situazionale dell’interlingua di apprendenti avanzati impegnati nell’arco di tre anni nello svolgimento di quattro task comunicativi, e dall’altro verifica in prospettiva legata al testing la relazione che intercorre tra due tipi di misurazione: quella analitica che rileva la complessità, l’accuratezza e la fluenza del parlato (CAF), impiegata nei cosidetti developmental index studies di stampo acquisizionale, e quella più soggettiva basata sui descrittori del Quadro Comune Europeo di Riferimento (QCER), maggiormente legata all’ambito del testing. Il corpus della tesi è costituito dalle produzioni di quattro studentesse immigrate di diverse nazionalità e L1, integrato con quelle di due parlanti native di italiano con caratteristiche simili, che costituiscono la pietra di paragone per il confronto con le apprendenti. Le produzioni analizzate si riferiscono a due task monologici (il racconto di un film e il racconto di una storia ad immagini) e a due interattivi (l’intervista e l’apertura delle telefonate di servizio). La ricerca ha un carattere essenzialmente esplorativo, nel senso che si pone l’obiettivo di rispondere ad alcune domande-guida facendo scaturire eventuali ipotesi, piuttosto che di verificare ipotesi già formulate o di convalidare teorie specifiche. In particolare cerca di rispondere a tre serie di domande: (1) Come variano complessità, accuratezza e fluenza nel corso del tempo, man mano che progredisce l’interlingua? Come variano con il variare dell’attività comunicativa e rispetto ai parlanti nativi? Come si sviluppa il percorso individuale di ciascun soggetto? Quali relazioni intercorrono tra queste tre dimensioni dell’interlingua? (2) I descrittori del QCER sono efficaci nella valutazione delle competenze orali? In particolare, sono sensibili allo sviluppo longitudinale e alla variazione situazionale? (3) Quali relazioni intercorrono tra le misure CAF e le valutazioni QCER? L’analisi conferma come l’interlingua vari sistematicamente nel tempo, secondo i task svolti, e da apprendente a apprendente. In primo luogo, in prospettiva longitudinale, per tutte le apprendenti si registra un buon progresso in quasi tutte le misure considerate. In secondo luogo, così come per le studentesse italiane, anche per le apprendenti c’è variazione tra task fin dalla prima rilevazione. Ma, mentre per le prime i task monologici risultano sintatticamente più complessi e un po’ meno accurati e fluenti di quelli interattivi, per le seconde, gli indici della complessità e della fluenza variano in direzione opposta; e dunque le apprendenti risultano quasi più complesse e fluenti nei task monologici che in quelli interattivi. Alle successive tre rilevazioni si realizza un progressivo avvicinamento al comportamento linguistico delle italiane, anche se in modo e in misura diversa da task a task e da apprendente a apprendente. In terzo luogo, la maggiore variabilità tra le apprendenti sembra dipendere soprattutto dal livello di competenza iniziale. Infatti, da parte delle due ragazze che alla prima rilevazione risultavano più deboli, alcune misure, soprattutto complessità e fluenza, hanno registrato progressi non solo più significativi ma anche più lineari rispetto a quelli delle ragazze più avanzate. Un importante risultato di questa tesi è quindi la constatazione che il percorso evolutivo non sia costituito semplicamente da un aumento lineare e generalizzato di complessità, accuratezza e fluenza. In un task interattivo ad esempio un alto indice di complessità sintattica può indicare incompetenza sul piano interazionale, per cui le apprendenti possono evidenziare progressi attraverso una riduzione dei valori di complessità. Gli indici CAF non hanno pertanto andamenti sempre lineari: complessità, accuratezza e fluenza in alcuni casi possono progredire insieme, in altri aumentare a spese una di un’altra. Tale andamento sembra legato a vari elementi: il tipo di task e le scelte rispetto allo stile discorsivo che esso comporta, il livello di competenza iniziale, e infine le interazioni tra le tre dimensioni, con conseguenti effetti di compensazione. Le misure CAF non possono quindi essere considerate come indici assoluti della competenza, poiché un aumento o una diminuzione non corrisponde automaticamente a un cambiamento in positivo o in negativo. Di qui l’importanza di una loro combinazione, oltre che di un confronto con la variazione nativa, quando l’obiettivo è elaborare profili di proficiency affidabili. Il QCER si rivela nel complesso uno strumento piuttosto efficace nella valutazione dei livelli della coerenza-coesione, della correttezza grammaticale e della fluenza, anche se non è sempre sensibile alla variazione tra task. È questo il caso ad esempio dei task interattivi, in modo più evidente delle telefonate. Infatti qui i valutatori percepiscono i descrittori coerenze-coesione come poco adatti alle caratteristiche di questo task, in quanto non offrono informazioni sufficientemente dettagliate circa la qualità della performance attesa. Comunque, in generale, la tesi evidenzia l’utilità sia delle misure CAF sia delle valutazioni QCER, dimostrando come entrambe siano in grado di rilevare la variazione longitudinale e situazionale, disegnando in alcuni casi gli stessi andamenti, in altri complementando l’uno l’interpretazione dell’altro. L’indagine svolta quindi mette in luce l’utilità di una maggiore interazione tra ricerca acquisizionale e testing linguistico. Chi si occupa di testing può trovare nell’acquisizione spunti per una migliore definizione degli elementi linguistici corrispondenti ai livelli di proficiency. E chi si occupa di acquisizione può trovare nel testing strumenti per una più rigorosa verifica dell’affidabilità degli strumenti di elicitazione e di misurazione. Lo studio infine ha utili implicazioni tanto per la didattica quanto per il testing: nella costruzione di un sillabo linguistico-comunicativo è importante tenere conto dei dettagli dell’interazione e delle routine ad esse collegate, così come nel testing è utile non separare rigidamente la competenza linguistica dalla competenza interazionale.

Valutare le competenze orali in italiano L2: variazione longitudinale e situazionale in apprendenti a livello avanzato

Ferrari, Stefania
2009-01-01

Abstract

In questa tesi si affronta il tema della valutazione delle competenze orali in italiano L2 di studenti immigrati a livello avanzato – un’area di ricerca poco esplorata in generale e del tutto trascurata in Italia, dove invece la valutazione è un problema delicato per gli operatori della scuola, cui le recenti riforme chiedono di registrare le competenze e i progressi linguistici degli alunni immigrati. La tesi si propone di contribuire a risolvere questo problema, discutendo la natura, lo sviluppo e la misurazione della proficiency linguistica. Riprendendo le recenti discussioni emerse a livello internazionale, in questa tesi si coniugano la prospettiva acquisizionale e quella del testing, elaborando uno studio che, oltre ai risultati teorici, offre anche qualche spunto circa le implicazioni pratiche sia per la didattica sia per la valutazione delle competenze linguistiche degli studenti immigrati inseriti nella scuola italiana. La tesi quindi da un lato analizza in prospettiva acquisizionale la variabilità longitudinale e situazionale dell’interlingua di apprendenti avanzati impegnati nell’arco di tre anni nello svolgimento di quattro task comunicativi, e dall’altro verifica in prospettiva legata al testing la relazione che intercorre tra due tipi di misurazione: quella analitica che rileva la complessità, l’accuratezza e la fluenza del parlato (CAF), impiegata nei cosidetti developmental index studies di stampo acquisizionale, e quella più soggettiva basata sui descrittori del Quadro Comune Europeo di Riferimento (QCER), maggiormente legata all’ambito del testing. Il corpus della tesi è costituito dalle produzioni di quattro studentesse immigrate di diverse nazionalità e L1, integrato con quelle di due parlanti native di italiano con caratteristiche simili, che costituiscono la pietra di paragone per il confronto con le apprendenti. Le produzioni analizzate si riferiscono a due task monologici (il racconto di un film e il racconto di una storia ad immagini) e a due interattivi (l’intervista e l’apertura delle telefonate di servizio). La ricerca ha un carattere essenzialmente esplorativo, nel senso che si pone l’obiettivo di rispondere ad alcune domande-guida facendo scaturire eventuali ipotesi, piuttosto che di verificare ipotesi già formulate o di convalidare teorie specifiche. In particolare cerca di rispondere a tre serie di domande: (1) Come variano complessità, accuratezza e fluenza nel corso del tempo, man mano che progredisce l’interlingua? Come variano con il variare dell’attività comunicativa e rispetto ai parlanti nativi? Come si sviluppa il percorso individuale di ciascun soggetto? Quali relazioni intercorrono tra queste tre dimensioni dell’interlingua? (2) I descrittori del QCER sono efficaci nella valutazione delle competenze orali? In particolare, sono sensibili allo sviluppo longitudinale e alla variazione situazionale? (3) Quali relazioni intercorrono tra le misure CAF e le valutazioni QCER? L’analisi conferma come l’interlingua vari sistematicamente nel tempo, secondo i task svolti, e da apprendente a apprendente. In primo luogo, in prospettiva longitudinale, per tutte le apprendenti si registra un buon progresso in quasi tutte le misure considerate. In secondo luogo, così come per le studentesse italiane, anche per le apprendenti c’è variazione tra task fin dalla prima rilevazione. Ma, mentre per le prime i task monologici risultano sintatticamente più complessi e un po’ meno accurati e fluenti di quelli interattivi, per le seconde, gli indici della complessità e della fluenza variano in direzione opposta; e dunque le apprendenti risultano quasi più complesse e fluenti nei task monologici che in quelli interattivi. Alle successive tre rilevazioni si realizza un progressivo avvicinamento al comportamento linguistico delle italiane, anche se in modo e in misura diversa da task a task e da apprendente a apprendente. In terzo luogo, la maggiore variabilità tra le apprendenti sembra dipendere soprattutto dal livello di competenza iniziale. Infatti, da parte delle due ragazze che alla prima rilevazione risultavano più deboli, alcune misure, soprattutto complessità e fluenza, hanno registrato progressi non solo più significativi ma anche più lineari rispetto a quelli delle ragazze più avanzate. Un importante risultato di questa tesi è quindi la constatazione che il percorso evolutivo non sia costituito semplicamente da un aumento lineare e generalizzato di complessità, accuratezza e fluenza. In un task interattivo ad esempio un alto indice di complessità sintattica può indicare incompetenza sul piano interazionale, per cui le apprendenti possono evidenziare progressi attraverso una riduzione dei valori di complessità. Gli indici CAF non hanno pertanto andamenti sempre lineari: complessità, accuratezza e fluenza in alcuni casi possono progredire insieme, in altri aumentare a spese una di un’altra. Tale andamento sembra legato a vari elementi: il tipo di task e le scelte rispetto allo stile discorsivo che esso comporta, il livello di competenza iniziale, e infine le interazioni tra le tre dimensioni, con conseguenti effetti di compensazione. Le misure CAF non possono quindi essere considerate come indici assoluti della competenza, poiché un aumento o una diminuzione non corrisponde automaticamente a un cambiamento in positivo o in negativo. Di qui l’importanza di una loro combinazione, oltre che di un confronto con la variazione nativa, quando l’obiettivo è elaborare profili di proficiency affidabili. Il QCER si rivela nel complesso uno strumento piuttosto efficace nella valutazione dei livelli della coerenza-coesione, della correttezza grammaticale e della fluenza, anche se non è sempre sensibile alla variazione tra task. È questo il caso ad esempio dei task interattivi, in modo più evidente delle telefonate. Infatti qui i valutatori percepiscono i descrittori coerenze-coesione come poco adatti alle caratteristiche di questo task, in quanto non offrono informazioni sufficientemente dettagliate circa la qualità della performance attesa. Comunque, in generale, la tesi evidenzia l’utilità sia delle misure CAF sia delle valutazioni QCER, dimostrando come entrambe siano in grado di rilevare la variazione longitudinale e situazionale, disegnando in alcuni casi gli stessi andamenti, in altri complementando l’uno l’interpretazione dell’altro. L’indagine svolta quindi mette in luce l’utilità di una maggiore interazione tra ricerca acquisizionale e testing linguistico. Chi si occupa di testing può trovare nell’acquisizione spunti per una migliore definizione degli elementi linguistici corrispondenti ai livelli di proficiency. E chi si occupa di acquisizione può trovare nel testing strumenti per una più rigorosa verifica dell’affidabilità degli strumenti di elicitazione e di misurazione. Lo studio infine ha utili implicazioni tanto per la didattica quanto per il testing: nella costruzione di un sillabo linguistico-comunicativo è importante tenere conto dei dettagli dell’interazione e delle routine ad esse collegate, così come nel testing è utile non separare rigidamente la competenza linguistica dalla competenza interazionale.
2009
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