La musica ha uno stretto rapporto con le emozioni, assicura il senso comune; eppure per un filosofo non si tratta affatto di un’affermazione ovvia, per almeno due ordini di ragioni. Innanzi tutto, la posizione da assumere dipende dalla teoria delle emozioni che si sceglie di adottare; in secondo luogo, anche optando per una posizione teorica che consenta di istituire un nesso tra musica ed emozioni, molte domande restano aperte, a partire dal locus: l’emozione è primariamente nella musica o nell’ascoltatore? E in che senso potrebbe essere nella musica? Occorre anche stabilire di quale musica ci stiamo occupando. Filosofi e musicologi si interessano prevalentemente di musica pura, priva cioè di testo, titolo o programma, che introdurrebbero un elemento linguisti- co e semantico fuorviante. Lo sguardo è inoltre rivolto a opere «alte», quando non veri e propri capolavori, mentre crediamo che lo stesso tipo di esame, caratterizzato cioè da un analogo rigore concettuale, possa es- sere esteso alla musica più semplice, popolare. Analogamente, in queste pagine vorremmo estendere l’ambito d’indagine superando l’abitudine consolidata a concentrare l’interesse sull’ascoltatore-modello della nostra tradizione culturale: una persona con raffinate competenze di ascolto, quando non di composizione ed esecuzione, che ha tempo e desiderio di stare ore seduta in poltrona, nel suo salotto ben attrezzato o, meglio ancora, nella sala da concerto, capace di immergersi completamente nel suono e attenta a non disturbare i vicini mettendosi a battere il tempo. Uno sguardo meno ideologico permette di rendersi conto che la musica è un fenomeno universale quanto il piacere che suscita, strettamente legato alla natura delle più tipiche relazioni interpersonali precoci. Tale ampliamento di orizzonti, nonché il persistere di importanti questioni filosofiche tuttora irrisolte, ci indurranno a considerare la letteratura psicologica e neuroscientifica recente, in un percorso capace di aprire nuove prospettive di carattere terapeutico e di suggerire un più solido fondamento epistemologico a un intervento clinico-musicale pienamente consapevole dei propri mezzi e obiettivi.

Musica, emozioni e scienze cognitive. Con qualche ambizione terapeutica

MEINI, Cristina
2015-01-01

Abstract

La musica ha uno stretto rapporto con le emozioni, assicura il senso comune; eppure per un filosofo non si tratta affatto di un’affermazione ovvia, per almeno due ordini di ragioni. Innanzi tutto, la posizione da assumere dipende dalla teoria delle emozioni che si sceglie di adottare; in secondo luogo, anche optando per una posizione teorica che consenta di istituire un nesso tra musica ed emozioni, molte domande restano aperte, a partire dal locus: l’emozione è primariamente nella musica o nell’ascoltatore? E in che senso potrebbe essere nella musica? Occorre anche stabilire di quale musica ci stiamo occupando. Filosofi e musicologi si interessano prevalentemente di musica pura, priva cioè di testo, titolo o programma, che introdurrebbero un elemento linguisti- co e semantico fuorviante. Lo sguardo è inoltre rivolto a opere «alte», quando non veri e propri capolavori, mentre crediamo che lo stesso tipo di esame, caratterizzato cioè da un analogo rigore concettuale, possa es- sere esteso alla musica più semplice, popolare. Analogamente, in queste pagine vorremmo estendere l’ambito d’indagine superando l’abitudine consolidata a concentrare l’interesse sull’ascoltatore-modello della nostra tradizione culturale: una persona con raffinate competenze di ascolto, quando non di composizione ed esecuzione, che ha tempo e desiderio di stare ore seduta in poltrona, nel suo salotto ben attrezzato o, meglio ancora, nella sala da concerto, capace di immergersi completamente nel suono e attenta a non disturbare i vicini mettendosi a battere il tempo. Uno sguardo meno ideologico permette di rendersi conto che la musica è un fenomeno universale quanto il piacere che suscita, strettamente legato alla natura delle più tipiche relazioni interpersonali precoci. Tale ampliamento di orizzonti, nonché il persistere di importanti questioni filosofiche tuttora irrisolte, ci indurranno a considerare la letteratura psicologica e neuroscientifica recente, in un percorso capace di aprire nuove prospettive di carattere terapeutico e di suggerire un più solido fondamento epistemologico a un intervento clinico-musicale pienamente consapevole dei propri mezzi e obiettivi.
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