La filosofia della religione costituisce il nucleo centrale del pensiero di Italo Mancini (1925-1993), che in modo istruttivo la articola – come il presente contributo intende mostrare – in riferimento alla dimensione metafisica, alla prospettiva ermeneutica e all’istanza pratica. A una fase iniziale caratterizzata da indagini esclusivamente ontologiche e metafisiche, tese a dimostrare l’esistenza del Dio dei filosofi, un Dio che non parla e che salva dalla contraddittorietà dell’esperienza solo in termini razionali, segue infatti – proprio perché una tale “Dio muto” a Mancini non può bastare – una fase successiva in cui la religione è posta al centro della riflessione e in cui la mediazione metafisica si rapporta, secondo una impostazione di tipo “fondativo”, con il tema della rivelazione storica (costituente per Mancini l’essenza della religione) e con la questione della sua comprensione ermeneutica. In seguito la rivelazione è interpretata soprattutto in rapporto alla sua dimensione di liberazione dei processi storici dai fenomeni di violenza e di oppressione loro perennemente sottesi. La riflessione manciniana approda infine a una teo-logica dei “doppi pensieri” che intende articolare organicamente il rapporto tra le richiamate istanze della teoria e della prassi e che, riferendosi all’interpretazione dei simboli religiosi e della struttura ossimorica da cui essi sono abitati, tende a concepire la filosofia della religione per più versi come una ermeneutica del cristianesimo.
Verso una teo-logica dei "doppi pensieri": Italo Mancini
Luca Ghisleri
2025-01-01
Abstract
La filosofia della religione costituisce il nucleo centrale del pensiero di Italo Mancini (1925-1993), che in modo istruttivo la articola – come il presente contributo intende mostrare – in riferimento alla dimensione metafisica, alla prospettiva ermeneutica e all’istanza pratica. A una fase iniziale caratterizzata da indagini esclusivamente ontologiche e metafisiche, tese a dimostrare l’esistenza del Dio dei filosofi, un Dio che non parla e che salva dalla contraddittorietà dell’esperienza solo in termini razionali, segue infatti – proprio perché una tale “Dio muto” a Mancini non può bastare – una fase successiva in cui la religione è posta al centro della riflessione e in cui la mediazione metafisica si rapporta, secondo una impostazione di tipo “fondativo”, con il tema della rivelazione storica (costituente per Mancini l’essenza della religione) e con la questione della sua comprensione ermeneutica. In seguito la rivelazione è interpretata soprattutto in rapporto alla sua dimensione di liberazione dei processi storici dai fenomeni di violenza e di oppressione loro perennemente sottesi. La riflessione manciniana approda infine a una teo-logica dei “doppi pensieri” che intende articolare organicamente il rapporto tra le richiamate istanze della teoria e della prassi e che, riferendosi all’interpretazione dei simboli religiosi e della struttura ossimorica da cui essi sono abitati, tende a concepire la filosofia della religione per più versi come una ermeneutica del cristianesimo.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.


