Nel saggio, la geografia circolare è proposta come un nuovo paradigma interpretativo e operativo per leggere e progettare le aree interne, in particolare quelle alpine. Essa si fonda sull’idea di “zero spreco territoriale”, ovvero un approccio che riduce al minimo la dispersione e lo sfruttamento incontrollato delle risorse, trasformando il territorio in un sistema che produce valore attraverso la circolazione e il riuso di risorse, idee ed esperienze. Non si tratta solo di una gestione ambientale efficiente, ma di un modello integrato che considera anche le dimensioni sociali, culturali ed economiche. In questo quadro, la geografia non è vista come semplice descrizione di luoghi, ma come disciplina delle relazioni: le connessioni tra comunità, ambiente ed economie locali costituiscono lo spazio geografico stesso. La “circolarità” implica che tali relazioni siano sostenibili, cioè capaci di autoalimentarsi senza esaurire i patrimoni locali (naturali, culturali, paesaggistici). Le applicazioni pratiche del concetto riguardano: pianificazione territoriale e riqualificazione urbana, per ridurre consumo di suolo e valorizzare ciò che già esiste; agricoltura sostenibile e filiere corte, come strumenti di presidio e innovazione; energie rinnovabili e mobilità sostenibile, per limitare impatti ambientali; turismo responsabile, fondato su paesaggio, identità e biodiversità; partecipazione comunitaria, indispensabile per generare progetti condivisi e resilienti. In sostanza, la geografia circolare indica un modo di pensare e agire sul territorio che valorizza le risorse senza depauperarle, creando beni comuni e rafforzando le comunità locali. È una prospettiva che trasforma le fragilità (spopolamento, marginalità, carenza di servizi) in occasioni di innovazione e rigenerazione.

Geografia “circolare”, relazioni sostenibili e servizi ecosistemici. Uno sguardo (d)alle aree interne alpine

Stefania Cerutti
2025-01-01

Abstract

Nel saggio, la geografia circolare è proposta come un nuovo paradigma interpretativo e operativo per leggere e progettare le aree interne, in particolare quelle alpine. Essa si fonda sull’idea di “zero spreco territoriale”, ovvero un approccio che riduce al minimo la dispersione e lo sfruttamento incontrollato delle risorse, trasformando il territorio in un sistema che produce valore attraverso la circolazione e il riuso di risorse, idee ed esperienze. Non si tratta solo di una gestione ambientale efficiente, ma di un modello integrato che considera anche le dimensioni sociali, culturali ed economiche. In questo quadro, la geografia non è vista come semplice descrizione di luoghi, ma come disciplina delle relazioni: le connessioni tra comunità, ambiente ed economie locali costituiscono lo spazio geografico stesso. La “circolarità” implica che tali relazioni siano sostenibili, cioè capaci di autoalimentarsi senza esaurire i patrimoni locali (naturali, culturali, paesaggistici). Le applicazioni pratiche del concetto riguardano: pianificazione territoriale e riqualificazione urbana, per ridurre consumo di suolo e valorizzare ciò che già esiste; agricoltura sostenibile e filiere corte, come strumenti di presidio e innovazione; energie rinnovabili e mobilità sostenibile, per limitare impatti ambientali; turismo responsabile, fondato su paesaggio, identità e biodiversità; partecipazione comunitaria, indispensabile per generare progetti condivisi e resilienti. In sostanza, la geografia circolare indica un modo di pensare e agire sul territorio che valorizza le risorse senza depauperarle, creando beni comuni e rafforzando le comunità locali. È una prospettiva che trasforma le fragilità (spopolamento, marginalità, carenza di servizi) in occasioni di innovazione e rigenerazione.
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