Il contributo propone un esame di alcune epistole di Giambattista Vico alla luce della sua aspirazione a prendere parte alla transnazionale e transtorica Respublica litteraria in un contesto storico in cui l’orizzonte universalistico e cosmopolita della scienza si sta trasformando in un sistema di comunità culturali nazionali, aperte al dialogo oltre i propri confini e nondimeno consapevoli di un’identità inderogabile sancita dall’abbandono del latino. La scelta di Vico di scrivere la Scienza nuova in italiano conferma questa modificazione in corso. Dopo le recensioni critiche sul «Giornale de’ Letterati d’Italia» nel 1711, e soprattutto in seguito all’incidente con gli «Acta eruditorum Lipsiensium» nel 1729, le lettere vichiane testimoniano di una crescente consapevolezza della sua solitudine e della incomprensione che circonda le sue opere. Il suo desiderio ripetutamente frustrato di farsi riconoscere dalla comunità dei dotti si traduce da un lato nella ricerca di una protezione affidabile e forte e in insistite pubbliche affermazioni di ortodossia, e dall’altro in una progressiva insofferenza nei confronti del campo culturale contemporaneo. Le lettere mettono in scena il contrasto tra il rigore del suo progetto scientifico misconosciuto e la irritante leggerezza di una produzione libraria alla moda, di un ordine dei libri e di un orizzonte d’attesa in forte dinamismo che il filosofo non può accettare.

Dalla Repubblica delle Lettere al «Mondo tutto marcio in amore di Romanzi»: qualche riflessione sulle epistole di Giambattista Vico

Stefania Irene Sini
2025-01-01

Abstract

Il contributo propone un esame di alcune epistole di Giambattista Vico alla luce della sua aspirazione a prendere parte alla transnazionale e transtorica Respublica litteraria in un contesto storico in cui l’orizzonte universalistico e cosmopolita della scienza si sta trasformando in un sistema di comunità culturali nazionali, aperte al dialogo oltre i propri confini e nondimeno consapevoli di un’identità inderogabile sancita dall’abbandono del latino. La scelta di Vico di scrivere la Scienza nuova in italiano conferma questa modificazione in corso. Dopo le recensioni critiche sul «Giornale de’ Letterati d’Italia» nel 1711, e soprattutto in seguito all’incidente con gli «Acta eruditorum Lipsiensium» nel 1729, le lettere vichiane testimoniano di una crescente consapevolezza della sua solitudine e della incomprensione che circonda le sue opere. Il suo desiderio ripetutamente frustrato di farsi riconoscere dalla comunità dei dotti si traduce da un lato nella ricerca di una protezione affidabile e forte e in insistite pubbliche affermazioni di ortodossia, e dall’altro in una progressiva insofferenza nei confronti del campo culturale contemporaneo. Le lettere mettono in scena il contrasto tra il rigore del suo progetto scientifico misconosciuto e la irritante leggerezza di una produzione libraria alla moda, di un ordine dei libri e di un orizzonte d’attesa in forte dinamismo che il filosofo non può accettare.
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