Iniziamo la nostra breve riflessione da questa domanda: è opzionale oppure obbligatorio consigliare al paziente (e ai caregiver) tutti i trattamenti disponibili per una conclamata patologia psichiatrica? La risposta, da un punto di vista etico e deontologico, sembra scontata, al giorno d’oggi. Solo per fare un esempio, di fronte alla rilevazione di patologie quali scompenso cardiaco, neoplasia, retinopatia, prassi vuole che il paziente sia messo a conoscenza della diagnosi (con modalità comunicative che dovrebbero adattarsi caso per caso) e delle opzioni di trattamento confacenti sia allo stadio della malattia che al quadro generale del paziente stesso. Il paziente, infatti, deve essere informato per prendere una decisione autonoma sul trattamento da seguire, perché la decisione terapeutica deve essere il più possibile partecipata dal paziente o, quando non può, dai familiari e caregiver. E la decisione autonoma richiede l’accesso a tutte le opzioni ragionevoli. 1 Eppure sono alcuni fatti recenti di cronaca a problematizzare la questione. Al cospetto di malattie psichiatriche, la scelta pare venire meno, come se ci fosse, di fronte ad alcune risultanze diagnostiche, un filtro sulle offerte terapeutiche proposte. In situazioni quali forme croniche di depressione farmaco-resistente, per esempio, è lecito domandarsi se i pazienti siano sempre informati di tutte le opzioni terapeutiche che esistono, farmacologiche e non.
La scelta migliore: la psilocibina per il trattamento della depressione farmaco-resistente e il paradosso psichedelico
Emiliano Loria
;Elisabetta Lalumera
2024-01-01
Abstract
Iniziamo la nostra breve riflessione da questa domanda: è opzionale oppure obbligatorio consigliare al paziente (e ai caregiver) tutti i trattamenti disponibili per una conclamata patologia psichiatrica? La risposta, da un punto di vista etico e deontologico, sembra scontata, al giorno d’oggi. Solo per fare un esempio, di fronte alla rilevazione di patologie quali scompenso cardiaco, neoplasia, retinopatia, prassi vuole che il paziente sia messo a conoscenza della diagnosi (con modalità comunicative che dovrebbero adattarsi caso per caso) e delle opzioni di trattamento confacenti sia allo stadio della malattia che al quadro generale del paziente stesso. Il paziente, infatti, deve essere informato per prendere una decisione autonoma sul trattamento da seguire, perché la decisione terapeutica deve essere il più possibile partecipata dal paziente o, quando non può, dai familiari e caregiver. E la decisione autonoma richiede l’accesso a tutte le opzioni ragionevoli. 1 Eppure sono alcuni fatti recenti di cronaca a problematizzare la questione. Al cospetto di malattie psichiatriche, la scelta pare venire meno, come se ci fosse, di fronte ad alcune risultanze diagnostiche, un filtro sulle offerte terapeutiche proposte. In situazioni quali forme croniche di depressione farmaco-resistente, per esempio, è lecito domandarsi se i pazienti siano sempre informati di tutte le opzioni terapeutiche che esistono, farmacologiche e non.File | Dimensione | Formato | |
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