Il saggio intende analizzare una serie di frammenti di antichi manoscritti membranacei di contenuto giuridico riutilizzati, soprattutto nel corso dei secoli XVI e XVII, in fase di rilegatura di registri e filze appartenenti al Fondo Notarile Antico conservato presso l’Archivio Storico del Comune di Vercelli, uno dei più importanti del panorama archivistico piemontese. Lo smembramento sistematico degli antichi codici medievali custoditi presso biblioteche private ed ecclesiastiche ed il conseguente riutilizzo dei frammenti in tal modo ottenuti per il confezionamento, il rinforzo o la protezione di nuovi codici o registri rappresentarono una pratica diffusa, connessa ad operazioni di scarto. Queste ultime erano giustificate in primo luogo dai gravi danneggiamenti che, dovuti ad eventi eccezionali (calamità naturali quali alluvioni e terremoti), al caso fortuito, all’azione di agenti esterni (muffe, funghi, insetti, roditori, uccelli e altri animali), all’esposizione all’umidità, alla semplice usura del tempo o a manomissioni dolose, avevano colpito gli stessi codici oggetto di smembramento, compromettendone la leggibilità; in secondo luogo, dall’obsolescenza del contenuto di alcuni codici intervenuta nel corso del tempo; in terzo luogo, dalla sopraggiunta concorrenza della stampa, che aveva fatto crollare sul mercato del libro il manoscritto. Tutte circostanze che rendevano superflua la conservazione di numerosi codici manoscritti antichi, anche in considerazione di una pressante ed impellente esigenza di disporre di spazi adeguati, a fronte di una sempre più massiccia produzione documentaria e libraria. Una volta scartato, il codice veniva smembrato e i fogli rivenduti a peso ai cartai e ai librai della zona che li reimpiegavano nelle loro botteghe per la creazione di coperte e di strisce di rinforzo di registri. I frammenti utilizzati, di natura pergamenacea, erano apprezzati soprattutto per la loro resistenza, maneggevolezza e duttilità. Altro fattore non trascurabile per il riuso era costituito dall’alto costo della pergamena nuova. In particolar modo, i notai apprezzavano le pergamene di riuso e si recavano nelle botteghe dei legatori per acquistarne la quantità necessaria per rilegare o rinforzare i registri che raccoglievano gli atti da loro rogati o per rinforzarne le legature. In questa nuova veste i frammenti di codici ritornavano tra le carte di biblioteche e archivi.

Disiecta membra. Frammenti di codici giuridici di riuso fra le carte dell’Archivio Storico del Comune di Vercelli

Matteo Moro
2019-01-01

Abstract

Il saggio intende analizzare una serie di frammenti di antichi manoscritti membranacei di contenuto giuridico riutilizzati, soprattutto nel corso dei secoli XVI e XVII, in fase di rilegatura di registri e filze appartenenti al Fondo Notarile Antico conservato presso l’Archivio Storico del Comune di Vercelli, uno dei più importanti del panorama archivistico piemontese. Lo smembramento sistematico degli antichi codici medievali custoditi presso biblioteche private ed ecclesiastiche ed il conseguente riutilizzo dei frammenti in tal modo ottenuti per il confezionamento, il rinforzo o la protezione di nuovi codici o registri rappresentarono una pratica diffusa, connessa ad operazioni di scarto. Queste ultime erano giustificate in primo luogo dai gravi danneggiamenti che, dovuti ad eventi eccezionali (calamità naturali quali alluvioni e terremoti), al caso fortuito, all’azione di agenti esterni (muffe, funghi, insetti, roditori, uccelli e altri animali), all’esposizione all’umidità, alla semplice usura del tempo o a manomissioni dolose, avevano colpito gli stessi codici oggetto di smembramento, compromettendone la leggibilità; in secondo luogo, dall’obsolescenza del contenuto di alcuni codici intervenuta nel corso del tempo; in terzo luogo, dalla sopraggiunta concorrenza della stampa, che aveva fatto crollare sul mercato del libro il manoscritto. Tutte circostanze che rendevano superflua la conservazione di numerosi codici manoscritti antichi, anche in considerazione di una pressante ed impellente esigenza di disporre di spazi adeguati, a fronte di una sempre più massiccia produzione documentaria e libraria. Una volta scartato, il codice veniva smembrato e i fogli rivenduti a peso ai cartai e ai librai della zona che li reimpiegavano nelle loro botteghe per la creazione di coperte e di strisce di rinforzo di registri. I frammenti utilizzati, di natura pergamenacea, erano apprezzati soprattutto per la loro resistenza, maneggevolezza e duttilità. Altro fattore non trascurabile per il riuso era costituito dall’alto costo della pergamena nuova. In particolar modo, i notai apprezzavano le pergamene di riuso e si recavano nelle botteghe dei legatori per acquistarne la quantità necessaria per rilegare o rinforzare i registri che raccoglievano gli atti da loro rogati o per rinforzarne le legature. In questa nuova veste i frammenti di codici ritornavano tra le carte di biblioteche e archivi.
2019
978-88-943670-3-4
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