Premessa. Come indicato in molti dizionari, “discriminazione” (dal lat. discriminatio -onis) indica un comportamento (un’azione o una omissione) che causa un trattamento non paritario di una o più persone, in ragione della loro appartenenza a un determinato gruppo sociale. L’espressione “discriminazione positiva” definisce la pratica di favorire deliberatamente chi appartiene a una minoranza o a una categoria debole generalmente trattata in modo ingiusto. “Oppressione” (dal lat. oppressio -onis, der. di opprimĕre “opprimere”, part. pass. oppressus) indica l’azione di opprimere, costringere, vessare, sopraffare, sottomettere, emarginare, soprattutto in senso politico e sociale, una persona o un gruppo. L’oppressione, che può assumere diverse forme (sociale, economica, culturale, politica, normativa, istituzionale) ed è presente in ogni paese, cultura e società, comprese le democrazie più avanzate, si verifica quando una persona agisce contro un’altra, oppure una politica sociale viene indirizzata ingiustamente contro chi sia affiliato a un gruppo specifico in base a diversi criteri: origine etnica, età, religione, orientamento sessuale, identità di genere, disabilità (Baines, 2007). L’oppressione include anche l’imposizione, pacifica o violenta, di sistemi culturali, credenze, valori e modi di vivere. Come già evidenziato da Freire nella pedagogia degli oppressi, l’oppressione può essere esterna, e in tal caso può implicare resistenza da parte di gruppi oppressi, oppure interna, quando una minoranza fa propria la convinzione che il sistema dominante sia l’unico possibile, assimilando e dando per scontata la supremazia culturale e sociale imposta attraverso dispositivi di manipolazione e controllo più o meno sottili, impliciti e insidiosi. Dunque, l’essenza dell’oppressione è l’esclusione forzata da opportunità, esperienze desiderabili e risorse che sono invece a disposizione dei gruppi dominanti (Dominelli, 2002).
Pratica antioppressiva e antidiscriminatoria
Allegri Elena
2022-01-01
Abstract
Premessa. Come indicato in molti dizionari, “discriminazione” (dal lat. discriminatio -onis) indica un comportamento (un’azione o una omissione) che causa un trattamento non paritario di una o più persone, in ragione della loro appartenenza a un determinato gruppo sociale. L’espressione “discriminazione positiva” definisce la pratica di favorire deliberatamente chi appartiene a una minoranza o a una categoria debole generalmente trattata in modo ingiusto. “Oppressione” (dal lat. oppressio -onis, der. di opprimĕre “opprimere”, part. pass. oppressus) indica l’azione di opprimere, costringere, vessare, sopraffare, sottomettere, emarginare, soprattutto in senso politico e sociale, una persona o un gruppo. L’oppressione, che può assumere diverse forme (sociale, economica, culturale, politica, normativa, istituzionale) ed è presente in ogni paese, cultura e società, comprese le democrazie più avanzate, si verifica quando una persona agisce contro un’altra, oppure una politica sociale viene indirizzata ingiustamente contro chi sia affiliato a un gruppo specifico in base a diversi criteri: origine etnica, età, religione, orientamento sessuale, identità di genere, disabilità (Baines, 2007). L’oppressione include anche l’imposizione, pacifica o violenta, di sistemi culturali, credenze, valori e modi di vivere. Come già evidenziato da Freire nella pedagogia degli oppressi, l’oppressione può essere esterna, e in tal caso può implicare resistenza da parte di gruppi oppressi, oppure interna, quando una minoranza fa propria la convinzione che il sistema dominante sia l’unico possibile, assimilando e dando per scontata la supremazia culturale e sociale imposta attraverso dispositivi di manipolazione e controllo più o meno sottili, impliciti e insidiosi. Dunque, l’essenza dell’oppressione è l’esclusione forzata da opportunità, esperienze desiderabili e risorse che sono invece a disposizione dei gruppi dominanti (Dominelli, 2002).File | Dimensione | Formato | |
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