Nel saggio “Formalisme et Langage Poétique” uscito nell’estate del 1976 su "Comparative Literature" e incluso come capitolo di Mimologiques. Voyage en Cratilie, pubblicato da Seuil nello stesso anno, Gérard Genette esamina alcuni concetti cardine del formalismo russo sul linguaggio poetico, con particolare riguardo alle posizioni di Roman Jakobson. In queste pagine Genette affronta e decostruisce la nozione jakobsoniana di funzione poetica mostrandone l’ambivalenza teorica in instabile equilibrio fra convenzionalismo linguistico e insistiti richiami alla motivazione del segno, con una decisa predominanza della seconda. Degno di attenzione è inoltre l’uso, sia pur parco, di voci quali assiologia, valore, valorizzazione. Qui infatti andrà a parare il discorso di Genette, che non mostrerà certo di compiere sconfinamenti in territori alieni alla teoria,storia e critica letteraria, e purtuttavia esprimerà perplessità e interrogativi che scandagliano in profondità – ma con discreta nonchalance filosofica – non soltanto la portata etica e ideologica delle vicende della poetica novecentesca bensì anche le intricatissime e robuste radici e inflorescenze della valorizzazione del medesimo, della tendenza, cioè, ricorrente lungo i secoli nella riflessione letteraria, retorica, linguistica – e nella storia del pensiero tout court – ad annullare la distanza fra segno e oggetto, tra forma e realtà, del desiderio insomma di schiacciare la relazione in confusiva indistinta identità.

Sul partito preso, ovvero la valorizzazione del medesimo

Stefania Irene Sini
Primo
2020-01-01

Abstract

Nel saggio “Formalisme et Langage Poétique” uscito nell’estate del 1976 su "Comparative Literature" e incluso come capitolo di Mimologiques. Voyage en Cratilie, pubblicato da Seuil nello stesso anno, Gérard Genette esamina alcuni concetti cardine del formalismo russo sul linguaggio poetico, con particolare riguardo alle posizioni di Roman Jakobson. In queste pagine Genette affronta e decostruisce la nozione jakobsoniana di funzione poetica mostrandone l’ambivalenza teorica in instabile equilibrio fra convenzionalismo linguistico e insistiti richiami alla motivazione del segno, con una decisa predominanza della seconda. Degno di attenzione è inoltre l’uso, sia pur parco, di voci quali assiologia, valore, valorizzazione. Qui infatti andrà a parare il discorso di Genette, che non mostrerà certo di compiere sconfinamenti in territori alieni alla teoria,storia e critica letteraria, e purtuttavia esprimerà perplessità e interrogativi che scandagliano in profondità – ma con discreta nonchalance filosofica – non soltanto la portata etica e ideologica delle vicende della poetica novecentesca bensì anche le intricatissime e robuste radici e inflorescenze della valorizzazione del medesimo, della tendenza, cioè, ricorrente lungo i secoli nella riflessione letteraria, retorica, linguistica – e nella storia del pensiero tout court – ad annullare la distanza fra segno e oggetto, tra forma e realtà, del desiderio insomma di schiacciare la relazione in confusiva indistinta identità.
2020
978-88-5526-379-5
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