Insieme allo spiazzamento iniziale, la pandemia ha reso ancora più evidenti lle disuguaglianze e le ingiustizie sociali, ha investito direttamente i servizi sociosanitari, le relazioni tra i cittadini e tali sistemi, le comunità, il ruolo dei professionisti, in un clima caratterizzato da incertezza, ritardi nella organizzazione di risposte istituzionali adeguate, disinformazione e circolazione di notizie false. La gestione della emergenza causata dal COVID-19, nelle diverse fasi in cui è articolata, ha coinvolto i professionisti dei servizi sociali in un contesto in cui, per la prima volta, una situazione di trauma e di crisi a livello collettivo (Aydin, 2017) ha investito l’intero territorio nazionale, comportando sfide senza precedenti in Italia dopo la Seconda guerra mondiale. Le misure adottate per far fronte all’emergenza, ancora in corso, e in particolare quelle per il contenimento del contagio, hanno imposto il distanziamento fisico tra persone, sfidando dunque modi, dispositivi e strumenti cardine del lavoro dell’assistente sociale. Come svolgere, per esempio, i colloqui,le visite domiciliari, il lavoro con i gruppi nei servizi sociosanitari, e come non interrompere i progetti di potenziamento delle relazioni nelle comunità locali? Come modificare velocemente progetti e interventi per costruire risposte adeguate alle domande dei cittadini, in un clima di paura, disorientamento e fatica?Così, in questo periodo di crisi, sia che abbiano agito nelle strutture di accoglienza o in strada sia a distanza, gli assistenti sociali sono sempre stati in prima linea e hanno risposto alle necessità più urgenti. Prima di tutto, quella di adattare il funzionamento dei servizi alle necessarie misure di protezione e di mantenere aperti i servizi sociosanitari. Allo stesso tempo, sono stati chiamati a trovare una soluzione di emergenza per i senzatetto, a supportare le persone e le famiglie in difficoltà nella vita quotidiana, sia sul piano materiale sia su quello relazionale, e talvolta ad agire con urgenza per proteggere persone vulnerabili dalla violenza domestica. Non sempre l’esito è stato positivo, come recenti fatti di cronaca dimostrano. Come rilevato dalla ricerca empirica presentata in questo volume, tra gli assistenti sociali rispondenti (n=16615) al questionario somministrato circa la metà del campione analizzato (n=8823) ha svolto attività a contatto diretto con le persone. Solo la metà dei professionisti inclusi in questo sotto-campione ha dichiarato che i dispositivi di protezione individuale sono stati sufficienti (capitolo 4). Il dato è abbastanza sconcertante e rivelatore della impreparazione delle organizzazioni dei servizi sociosanitari ad affrontare una crisi pandemica, seppur imprevedibile. Peraltro, non è di conforto sapere che nella stessa situazione si trovano i Paesi di tutto il mondo, tra tentativi di risposta all’emergenza e spinte innovative verso il futuro del lavoro sociale digitale (tra gli altri, Desai, 2007; López Peláez et al., 2020).Orientale di Alessandria e l’Università di Palermo, insieme alla Fondazione Nazionale degli assistenti sociali, abbiamo organizzato una serie di webinar sul servizio sociale e COVID-19, con il sostegno del Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Assistenti Sociali, della Società Italiana del Lavoro Sociale, della Associazione Italiana di Sociologia, di Assistenti Sociali per la Protezione Civile, di Assistenti Sociali Senza Frontiere. Con il titolo “Servizio sociale e COVID-19. Dalla prima linea: riflessioni per il post emergenza”, il 24 maggio e il 16 giugno 2020 sono stati realizzati i primi due webinar. L’intento è stato quello di offrire un’occasione di confronto, per la professione e la disciplina del Servizio sociale, utile a dare un senso all’emergenza sanitaria e sociale in corso e a pianificare il futuro, coinvolgendo assistenti sociali in prima linea e docenti universitari.
Dialoghi digitali. La comunità professionale si confronta sull’esperienza in tempo di COVID
Elena Allegri
;
2020-01-01
Abstract
Insieme allo spiazzamento iniziale, la pandemia ha reso ancora più evidenti lle disuguaglianze e le ingiustizie sociali, ha investito direttamente i servizi sociosanitari, le relazioni tra i cittadini e tali sistemi, le comunità, il ruolo dei professionisti, in un clima caratterizzato da incertezza, ritardi nella organizzazione di risposte istituzionali adeguate, disinformazione e circolazione di notizie false. La gestione della emergenza causata dal COVID-19, nelle diverse fasi in cui è articolata, ha coinvolto i professionisti dei servizi sociali in un contesto in cui, per la prima volta, una situazione di trauma e di crisi a livello collettivo (Aydin, 2017) ha investito l’intero territorio nazionale, comportando sfide senza precedenti in Italia dopo la Seconda guerra mondiale. Le misure adottate per far fronte all’emergenza, ancora in corso, e in particolare quelle per il contenimento del contagio, hanno imposto il distanziamento fisico tra persone, sfidando dunque modi, dispositivi e strumenti cardine del lavoro dell’assistente sociale. Come svolgere, per esempio, i colloqui,le visite domiciliari, il lavoro con i gruppi nei servizi sociosanitari, e come non interrompere i progetti di potenziamento delle relazioni nelle comunità locali? Come modificare velocemente progetti e interventi per costruire risposte adeguate alle domande dei cittadini, in un clima di paura, disorientamento e fatica?Così, in questo periodo di crisi, sia che abbiano agito nelle strutture di accoglienza o in strada sia a distanza, gli assistenti sociali sono sempre stati in prima linea e hanno risposto alle necessità più urgenti. Prima di tutto, quella di adattare il funzionamento dei servizi alle necessarie misure di protezione e di mantenere aperti i servizi sociosanitari. Allo stesso tempo, sono stati chiamati a trovare una soluzione di emergenza per i senzatetto, a supportare le persone e le famiglie in difficoltà nella vita quotidiana, sia sul piano materiale sia su quello relazionale, e talvolta ad agire con urgenza per proteggere persone vulnerabili dalla violenza domestica. Non sempre l’esito è stato positivo, come recenti fatti di cronaca dimostrano. Come rilevato dalla ricerca empirica presentata in questo volume, tra gli assistenti sociali rispondenti (n=16615) al questionario somministrato circa la metà del campione analizzato (n=8823) ha svolto attività a contatto diretto con le persone. Solo la metà dei professionisti inclusi in questo sotto-campione ha dichiarato che i dispositivi di protezione individuale sono stati sufficienti (capitolo 4). Il dato è abbastanza sconcertante e rivelatore della impreparazione delle organizzazioni dei servizi sociosanitari ad affrontare una crisi pandemica, seppur imprevedibile. Peraltro, non è di conforto sapere che nella stessa situazione si trovano i Paesi di tutto il mondo, tra tentativi di risposta all’emergenza e spinte innovative verso il futuro del lavoro sociale digitale (tra gli altri, Desai, 2007; López Peláez et al., 2020).Orientale di Alessandria e l’Università di Palermo, insieme alla Fondazione Nazionale degli assistenti sociali, abbiamo organizzato una serie di webinar sul servizio sociale e COVID-19, con il sostegno del Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Assistenti Sociali, della Società Italiana del Lavoro Sociale, della Associazione Italiana di Sociologia, di Assistenti Sociali per la Protezione Civile, di Assistenti Sociali Senza Frontiere. Con il titolo “Servizio sociale e COVID-19. Dalla prima linea: riflessioni per il post emergenza”, il 24 maggio e il 16 giugno 2020 sono stati realizzati i primi due webinar. L’intento è stato quello di offrire un’occasione di confronto, per la professione e la disciplina del Servizio sociale, utile a dare un senso all’emergenza sanitaria e sociale in corso e a pianificare il futuro, coinvolgendo assistenti sociali in prima linea e docenti universitari.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.