I principi contabili italiani e internazionali in vigore nel 2002, nel trattare i componenti straordinari di reddito, pur partendo dalla comune definizione di straordinarietà come chiara distinzione o estraneità rispetto alla attività ordinaria, evidenziano marcate differenze nel dare contenuto a tale definizione. In ambito italiano un insieme piuttosto ampio di voci reddituali è stato ricondotto alla categoria in oggetto. In ambito internazionale una definizione onnicomprensiva, nella sostanza, di attività ordinaria, ha portato a proibire di fatto - o quantomeno a limitare a fattispecie assai rare - i componenti straordinari. Al tempo della pubblicazione dell’articolo era stata, inoltre, da poco resa nota la proposta dello IASB, successivamente accolta, di abolire tout court gli extraordinary items. Tale nuovo orientamento è stato riflesso, quindi, nei bilanci delle società quotate e degli enti finanziari italiani che a partire dal 2005 hanno adottato i principi contabili internazionali. L’Autore, esaminati i mutamenti in atto, esprime l’opinione che l’abolizione dei componenti straordinari di reddito prefiguri un sensibile depauperamento dell’informativa di bilancio in relazione a finalità conoscitive di primaria importanza per la redazione delle sintesi di esercizio, quali la valutazione dell’operato degli amministratori e della capacità reddituale dell’impresa. Inoltre, è possibile attendersi che gli amministratori, per deresponsabilizzarsi su voci “scomode”, continuino a invocare nella comunicazione con il mercato il concetto di straordinarietà, producendo delle analisi pro-forma che, in assenza di linee guida condivise, saranno per forza disomogenee tra di loro e idonee a creare confusione negli investitori.

L'armonizzazione internazionale dei principi contabili e il valore informativo dei componenti straordinari di reddito

BAVAGNOLI, Francesco
2002-01-01

Abstract

I principi contabili italiani e internazionali in vigore nel 2002, nel trattare i componenti straordinari di reddito, pur partendo dalla comune definizione di straordinarietà come chiara distinzione o estraneità rispetto alla attività ordinaria, evidenziano marcate differenze nel dare contenuto a tale definizione. In ambito italiano un insieme piuttosto ampio di voci reddituali è stato ricondotto alla categoria in oggetto. In ambito internazionale una definizione onnicomprensiva, nella sostanza, di attività ordinaria, ha portato a proibire di fatto - o quantomeno a limitare a fattispecie assai rare - i componenti straordinari. Al tempo della pubblicazione dell’articolo era stata, inoltre, da poco resa nota la proposta dello IASB, successivamente accolta, di abolire tout court gli extraordinary items. Tale nuovo orientamento è stato riflesso, quindi, nei bilanci delle società quotate e degli enti finanziari italiani che a partire dal 2005 hanno adottato i principi contabili internazionali. L’Autore, esaminati i mutamenti in atto, esprime l’opinione che l’abolizione dei componenti straordinari di reddito prefiguri un sensibile depauperamento dell’informativa di bilancio in relazione a finalità conoscitive di primaria importanza per la redazione delle sintesi di esercizio, quali la valutazione dell’operato degli amministratori e della capacità reddituale dell’impresa. Inoltre, è possibile attendersi che gli amministratori, per deresponsabilizzarsi su voci “scomode”, continuino a invocare nella comunicazione con il mercato il concetto di straordinarietà, producendo delle analisi pro-forma che, in assenza di linee guida condivise, saranno per forza disomogenee tra di loro e idonee a creare confusione negli investitori.
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