L’Italia, come molti altri Paesi della UE, ha sperimentato un lungo periodo di riforme dell’istruzione superiore a partire dall’inizio del “processo di Bologna” che, complessivamente, hanno garantito, pur tra molte difficoltà, maggiore accesso all’istruzione universitaria con la riduzione della durata per ottenere la laurea e un conseguente ingresso sul mercato del lavoro di laureati più giovani rispetto al passato. Questo lavoro analizza una piccola Università italiana, quella del Piemonte Orientale A. Avogadro, come caso di studio per valutare il suo ruolo nell’accumulazione di capitale umano, una condizione necessaria anche se non sufficiente, per lo sviluppo economico. La domanda cruciale è: può una piccola Università soddisfare una specifica domanda altrimenti non soddisfatta dagli altri Atenei? La risposta nel caso dell’Università A. Avogadro è positiva: senza la presenza di questo Ateneo, un gran numero di studenti potenziali non avrebbe potuto immatricolarsi, frequentare e laurearsi se non con grandi costi economici per le famiglie e un forte impegno personale. Questa affermazione è ovviamente da intendere a parità di tutte le altre condizioni che concorrono a determinare la scelta e la performance universitaria. Tuttavia esistono dei valori soglia, ad esempio un elevata motivazione, per i quali la presenza o meno dei piccoli atenei è del tutto insignificante. Ci si aspetta quindi che la specifica domanda soddisfatta dai piccoli atenei sia caratterizzata da elementi di “debolezza”. L’accumulazione di capitale umano è un fenomeno con implicazioni di medio lungo periodo: i piccoli e nuovi atenei sorti verso la fine degli anni novanta, oltre a decongestionare i grandi atenei, hanno svolto e svolgono un ruolo cruciale nello sviluppo dei sistemi territoriali periferici e conseguentemente anche sulla mobilità sociale. La presenza di capitale umano qualificato è una condizione necessaria anche se non sufficiente (perché il capitale umano è mobile) alla sviluppo territoriale.

Iscriversi in una piccola Università: il caso del Piemonte Orientale.

CASSONE, Alberto
2014-01-01

Abstract

L’Italia, come molti altri Paesi della UE, ha sperimentato un lungo periodo di riforme dell’istruzione superiore a partire dall’inizio del “processo di Bologna” che, complessivamente, hanno garantito, pur tra molte difficoltà, maggiore accesso all’istruzione universitaria con la riduzione della durata per ottenere la laurea e un conseguente ingresso sul mercato del lavoro di laureati più giovani rispetto al passato. Questo lavoro analizza una piccola Università italiana, quella del Piemonte Orientale A. Avogadro, come caso di studio per valutare il suo ruolo nell’accumulazione di capitale umano, una condizione necessaria anche se non sufficiente, per lo sviluppo economico. La domanda cruciale è: può una piccola Università soddisfare una specifica domanda altrimenti non soddisfatta dagli altri Atenei? La risposta nel caso dell’Università A. Avogadro è positiva: senza la presenza di questo Ateneo, un gran numero di studenti potenziali non avrebbe potuto immatricolarsi, frequentare e laurearsi se non con grandi costi economici per le famiglie e un forte impegno personale. Questa affermazione è ovviamente da intendere a parità di tutte le altre condizioni che concorrono a determinare la scelta e la performance universitaria. Tuttavia esistono dei valori soglia, ad esempio un elevata motivazione, per i quali la presenza o meno dei piccoli atenei è del tutto insignificante. Ci si aspetta quindi che la specifica domanda soddisfatta dai piccoli atenei sia caratterizzata da elementi di “debolezza”. L’accumulazione di capitale umano è un fenomeno con implicazioni di medio lungo periodo: i piccoli e nuovi atenei sorti verso la fine degli anni novanta, oltre a decongestionare i grandi atenei, hanno svolto e svolgono un ruolo cruciale nello sviluppo dei sistemi territoriali periferici e conseguentemente anche sulla mobilità sociale. La presenza di capitale umano qualificato è una condizione necessaria anche se non sufficiente (perché il capitale umano è mobile) alla sviluppo territoriale.
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