Nonostante il titolo piuttosto sobrio (“Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni”), la legge n. 56 del 2014, nota come “legge Delrio” (dal nome del ministro proponente al momento del deposito del d.d.l. C.1542), può ritenersi per molti versi una «grande riforma di sistema», richiamando – senza però alcun giudizio di valore annesso – una definizione che è stata utilizzata dalla dottrina più vicina allo spirito riformatore che la anima. Ad oltre un anno dalla sua promulgazione e in considerazione della scadenza dei termini più rilevanti che essa stessa stabiliva per la propria attuazione, è possibile tracciare un primo bilancio sui suoi esiti. Come per tutte le grandi riforme – peraltro anche in senso tecnico-giuridico nel momento in cui essa, per quanto riguarda l’istituzione delle città metropolitane, si autoqualifica tale nei confronti di alcune regioni ad autonomia speciale – la questione di fondo riguarda l’effettivo cambiamento che la legge Delrio ha promesso e sta producendo rispetto alla previgente disciplina dell’ente intermedio e all’ordinamento locale nel suo complesso. In questa sede, la questione sarà affrontata con riferimento al riordino delle funzioni provinciali, il quale costituisce uno dei due pilastri della riforma e verrà trattata di seguito considerando: le disposizioni della legge che se ne occupano; i principali provvedimenti di attuazione costituiti dall’accordo concluso in Conferenza Stato-Regioni l’11 settembre e dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 26 settembre 2014; i disegni di legge e le leggi di riorganizzazione delle funzioni provinciali in corso di esame o già approvati nel momento in cui il presente testo viene licenziato (giugno 2015), la cui rassegna consente di formulare alcune prime valutazioni sull’andamento generale del processo di riforma.

Il riordino delle funzioni provinciali nella legge Delrio e nel primo anno di attuazione, in Il Piemonte delle Autonomie

SERVETTI D
2015-01-01

Abstract

Nonostante il titolo piuttosto sobrio (“Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni”), la legge n. 56 del 2014, nota come “legge Delrio” (dal nome del ministro proponente al momento del deposito del d.d.l. C.1542), può ritenersi per molti versi una «grande riforma di sistema», richiamando – senza però alcun giudizio di valore annesso – una definizione che è stata utilizzata dalla dottrina più vicina allo spirito riformatore che la anima. Ad oltre un anno dalla sua promulgazione e in considerazione della scadenza dei termini più rilevanti che essa stessa stabiliva per la propria attuazione, è possibile tracciare un primo bilancio sui suoi esiti. Come per tutte le grandi riforme – peraltro anche in senso tecnico-giuridico nel momento in cui essa, per quanto riguarda l’istituzione delle città metropolitane, si autoqualifica tale nei confronti di alcune regioni ad autonomia speciale – la questione di fondo riguarda l’effettivo cambiamento che la legge Delrio ha promesso e sta producendo rispetto alla previgente disciplina dell’ente intermedio e all’ordinamento locale nel suo complesso. In questa sede, la questione sarà affrontata con riferimento al riordino delle funzioni provinciali, il quale costituisce uno dei due pilastri della riforma e verrà trattata di seguito considerando: le disposizioni della legge che se ne occupano; i principali provvedimenti di attuazione costituiti dall’accordo concluso in Conferenza Stato-Regioni l’11 settembre e dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 26 settembre 2014; i disegni di legge e le leggi di riorganizzazione delle funzioni provinciali in corso di esame o già approvati nel momento in cui il presente testo viene licenziato (giugno 2015), la cui rassegna consente di formulare alcune prime valutazioni sull’andamento generale del processo di riforma.
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