L’articolo intende partire dal concetto di automatismo insito nel luogo comune, inteso nella sua accezione più ampia, per enucleare alcuni punti fondamentali della riflessione di Jean Paulhan, direttore della NRF negli anni centrali del Novecento, anche alla luce del contributo di Henri Meschonnic in relazione al proverbio in quanto atto linguistico caratterizzato da ri-enunciabilità. Le considerazioni sul ritmo che ne conseguono, già sfruttate dalle sperimentazioni linguistiche di Paulhan e da dadaisti e surrealisti, vanno nella direzione di riscoprire il côté intersoggettivo che, quale fonte nascosta alla base del luogo comune, permette anche di mettere in discussione e rivitalizzare i cliché stessi. Rielaborazione che funziona da specola nei confronti dei pregiudizi e degli automatismi nascosti nel linguaggio. Verranno così evidenziati i punti di contatto tra la fonte nascosta che sostanzia il luogo comune, il défigement operato da Robert Desnos e le tele di Edward Hopper.

La fonte nascosta: inventio e dissonanza tra Paulhan, Desnos e Hopper

Silvia Ferrari
2021-01-01

Abstract

L’articolo intende partire dal concetto di automatismo insito nel luogo comune, inteso nella sua accezione più ampia, per enucleare alcuni punti fondamentali della riflessione di Jean Paulhan, direttore della NRF negli anni centrali del Novecento, anche alla luce del contributo di Henri Meschonnic in relazione al proverbio in quanto atto linguistico caratterizzato da ri-enunciabilità. Le considerazioni sul ritmo che ne conseguono, già sfruttate dalle sperimentazioni linguistiche di Paulhan e da dadaisti e surrealisti, vanno nella direzione di riscoprire il côté intersoggettivo che, quale fonte nascosta alla base del luogo comune, permette anche di mettere in discussione e rivitalizzare i cliché stessi. Rielaborazione che funziona da specola nei confronti dei pregiudizi e degli automatismi nascosti nel linguaggio. Verranno così evidenziati i punti di contatto tra la fonte nascosta che sostanzia il luogo comune, il défigement operato da Robert Desnos e le tele di Edward Hopper.
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