La sentenza della Corte Costituzionale n. 178 del 24 giugno 2015 ha segnato, a distanza di più di dieci anni dall’ultima tornata contrattuale, la ripresa delle negoziazioni anche nel Comparto Sanità, portando alla firma della Preintesa per il periodo 2016/2018. La ripresa della contrattazione collettiva vede per la prima volta nella storia delle relazioni sindacali del Settore la mancata sottoscrizione di Nursind e Nursing Up. In passato, pur a fronte di un motivato ed espresso dissenso nei confronti dei contenuti dei contratti, le organizzazioni sindacali hanno al più apposto una “firma tecnica”. “Pur non condividendone tutti i contenuti economici e normativi” ed esprimendo “dissenso da tutte le parti del ccnl …”, si legge nei diversi testi contrattuali, le federazioni di categoria hanno comunque sottoscritto diversi accordi, continuano le precisazioni a verbale, “al solo fine di mantenere inalterata la possibilità di azione sindacale nei luoghi di lavoro”. Le sigle sindacali hanno in altre parole sempre firmato l’intesa per garantirsi l’ammissione alla contrattazione di secondo livello, in quanto, in ragione dell’applicazione della regola del “collegamento negoziale”, disposta dagli stessi contratti collettivi nazionali di comparto, le sigle non firmatarie del ccnl non possono essere ammesse alla contrattazione integrativa. In ragione della operatività della suddetta clausola, le due Federazioni vengono escluse dalla contrattazione integrativa. Di qui la promozione di una serie di azioni in sede cautelare e dinnanzi al Comitato Europeo dei Diritti Sociali, con la finalità di ottenere la dichiarazione di illegittimità della regola stessa. I dubbi di legittimità della clausola vengono fugati dal giudice di primo grado che interviene a sancire la validità della previsione. Ed il contributo si spinge ad argomentare come nello stesso senso potrà pronunciarsi il Comitato europeo dei Diritti Sociali, così colmando un vuoto interpretativo determinato fino ad oggi dall’assenza di un chiaro orientamento interpretativo della CSE e dalla mancata presa di posizione della dottrina in materia. Il contributo muove dal riconoscimento da parte della CEDU della libertà di ogni Stato di organizzare il proprio sistema di relazioni sindacali, ammettendo, eventualmente, anche uno status speciale per i sindacati rappresentativi. La giurisprudenza comunitaria ha per di più variamente riconosciuto il diritto di contrattazione collettiva, esercitato “conformemente … alle legislazioni e prassi nazionali” quale limite all’applicazione del diritto dell’Unione. Ma anche a ragionare in senso contrario, ovvero che i contratti collettivi non costituiscano un ambito esente dall’applicazione del diritto dell’Unione Europea, “l’autonomia della contrattazione collettiva” riceve comunque una adeguato riconoscimento nell’ambito dell’Unione. La Carta Sociale, alla lett. G, ammette sempre le limitazioni “necessarie” a garantire una società democratica … il rispetto del diritto … per proteggere l’ordine pubblico .. la sanità pubblica”. Ecco dunque che anche in questa prospettiva sia l’art. 40 del d.lgs. 165/2001 che le diverse disposizioni collettive possono ritenersi legittime, in virtù della finalità che le contraddistingue di proteggere l’interesse pubblico a che le linee del contenuto della contrattazione nazionale non possano essere rimesse in discussione a livello decentrato, per evitare contraddizioni, incertezza del diritto e garantire la sanità pubblica. L’intervento normativo, in altre parole, deve dirsi rispondente alle esigenze di garantire la stabilità del sistema di relazioni sindacali, ancor più strategica nel comparto della Sanità, caratterizzato da una particolare complessità della procedura di contrattazione collettiva, in ragione dei vincoli economici imposti.
L’esclusione di Nursind dalla contrattazione integrativa del Comparto Sanità tra Carta sociale europea e Costituzione
SANTINI, F.
2020-01-01
Abstract
La sentenza della Corte Costituzionale n. 178 del 24 giugno 2015 ha segnato, a distanza di più di dieci anni dall’ultima tornata contrattuale, la ripresa delle negoziazioni anche nel Comparto Sanità, portando alla firma della Preintesa per il periodo 2016/2018. La ripresa della contrattazione collettiva vede per la prima volta nella storia delle relazioni sindacali del Settore la mancata sottoscrizione di Nursind e Nursing Up. In passato, pur a fronte di un motivato ed espresso dissenso nei confronti dei contenuti dei contratti, le organizzazioni sindacali hanno al più apposto una “firma tecnica”. “Pur non condividendone tutti i contenuti economici e normativi” ed esprimendo “dissenso da tutte le parti del ccnl …”, si legge nei diversi testi contrattuali, le federazioni di categoria hanno comunque sottoscritto diversi accordi, continuano le precisazioni a verbale, “al solo fine di mantenere inalterata la possibilità di azione sindacale nei luoghi di lavoro”. Le sigle sindacali hanno in altre parole sempre firmato l’intesa per garantirsi l’ammissione alla contrattazione di secondo livello, in quanto, in ragione dell’applicazione della regola del “collegamento negoziale”, disposta dagli stessi contratti collettivi nazionali di comparto, le sigle non firmatarie del ccnl non possono essere ammesse alla contrattazione integrativa. In ragione della operatività della suddetta clausola, le due Federazioni vengono escluse dalla contrattazione integrativa. Di qui la promozione di una serie di azioni in sede cautelare e dinnanzi al Comitato Europeo dei Diritti Sociali, con la finalità di ottenere la dichiarazione di illegittimità della regola stessa. I dubbi di legittimità della clausola vengono fugati dal giudice di primo grado che interviene a sancire la validità della previsione. Ed il contributo si spinge ad argomentare come nello stesso senso potrà pronunciarsi il Comitato europeo dei Diritti Sociali, così colmando un vuoto interpretativo determinato fino ad oggi dall’assenza di un chiaro orientamento interpretativo della CSE e dalla mancata presa di posizione della dottrina in materia. Il contributo muove dal riconoscimento da parte della CEDU della libertà di ogni Stato di organizzare il proprio sistema di relazioni sindacali, ammettendo, eventualmente, anche uno status speciale per i sindacati rappresentativi. La giurisprudenza comunitaria ha per di più variamente riconosciuto il diritto di contrattazione collettiva, esercitato “conformemente … alle legislazioni e prassi nazionali” quale limite all’applicazione del diritto dell’Unione. Ma anche a ragionare in senso contrario, ovvero che i contratti collettivi non costituiscano un ambito esente dall’applicazione del diritto dell’Unione Europea, “l’autonomia della contrattazione collettiva” riceve comunque una adeguato riconoscimento nell’ambito dell’Unione. La Carta Sociale, alla lett. G, ammette sempre le limitazioni “necessarie” a garantire una società democratica … il rispetto del diritto … per proteggere l’ordine pubblico .. la sanità pubblica”. Ecco dunque che anche in questa prospettiva sia l’art. 40 del d.lgs. 165/2001 che le diverse disposizioni collettive possono ritenersi legittime, in virtù della finalità che le contraddistingue di proteggere l’interesse pubblico a che le linee del contenuto della contrattazione nazionale non possano essere rimesse in discussione a livello decentrato, per evitare contraddizioni, incertezza del diritto e garantire la sanità pubblica. L’intervento normativo, in altre parole, deve dirsi rispondente alle esigenze di garantire la stabilità del sistema di relazioni sindacali, ancor più strategica nel comparto della Sanità, caratterizzato da una particolare complessità della procedura di contrattazione collettiva, in ragione dei vincoli economici imposti.File | Dimensione | Formato | |
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