L’opera lirica nasce in Italia agli inizi del XVII secolo; passeranno circa quarant’anni prima che questa forma d’arte si trasformi da fenomeno di corte in spettacolo a pagamento per il popolo (o almeno per la borghesia) e, quindi, “per il teatro”. Il primo teatro lirico in attività fu il teatro San Cassiano a Venezia (1637). Da quel momento i teatri lirici si diffusero a macchia d’olio in tutto il vecchio continente, prima, e nel Nord America, poi, fino a vantare ai nostri giorni una distribuzione territoriale che appare corretto definire globalizzata (Agid e Tarondeau, 2010). Purtroppo, il processo di produzione dello spettacolo “opera” presenta, dal punto di vista economico, le criticità comuni alle arti performative in genere, prima fra tutte la “malattia di Baumol” (Baumol e Bowen, 1965). Il termine punta a delineare la situazione per cui in questo settore (delle arti performative, appunto), caratterizzato da scarsi o nulli incrementi di produttività legati al progresso tecnologico, si affronti una costante e fisiologica difficoltà a far fronte a costi che, al contrario, crescono, poiché i prezzi dei fattori produttivi tendono a seguire l’andamento medio dell’economia (dove il progresso tecnologico porta, invece, i suoi benefici). Di qui nasce la costante necessità di garantire la sopravvivenza del settore attraverso sussidi pubblici o privati (Agid e Tarondeau, 2010; Trevisan, 2017). In Italia la produzione lirica è gestita da un elevato numero di enti teatrali. I teatri lirici maggiori, tuttavia, sono gestiti da 14 “Fondazioni Lirico-Sinfoniche”. L’attività delle Fondazioni è, come dicevamo, pesantemente sussidiata attraverso contributi pubblici, tra cui spicca il ruolo del FUS, il Fondo Unico per lo Spettacolo, istituito nel 1985 allo scopo di finanziare lo spettacolo dal vivo. Tuttavia, come si è detto, dal punto di vista economico la produzione di spettacoli è un’attività in cui è estremamente difficile giungere alla copertura dei costi, e il comparto dell’opera è, con tutta probabilità, quello che presenta costi di produzione più alti. Non è quindi sorprendente che molte delle Fondazioni si siano trovate ad affrontare pesanti situazioni di crisi economico-finanziaria. In questo quadro generale, la legge Bray interviene nel 2013 ad apportare una importante riforma nel sistema, modificando la governance delle Fondazioni e introducendo incentivi al miglioramento dell’efficienza. L’approccio generale della riforma appare condivisibile. E’ pur vero, infatti, che nell’ambito delle “performing arts” il progresso tecnologico difficilmente permette consistenti incrementi di produttività, ma questo non implica che all’interno del settore non si riscontrino margini di miglioramento, almeno in termini di allineamento a quelle che possono essere le “migliori pratiche”. In secondo luogo, probabilmente, il progresso tecnologico può supportare in modo molto limitato l’attività di produzione in senso stretto, ma l’ICT fornisce notevoli opportunità nell’ambito del marketing e della comunicazione, che possono essere efficacemente sfruttate dai teatri lirici con opportune scelte strategiche. Per esempio, Hausmann e Poellmann (2013) segnalano come i teatri tedeschi facciano largo uso dei social media e come questi possano rappresentare uno strumento molto efficace per il marketing, partendo dalla comunicazione, passando per il supporto delle ricerche di mercato, per arrivare dell’attività di management dell’innovazione e della reputazione. Focalizzato sulle Fondazioni italiane è, invece, lo studio di Miche Peretta (2017). Gli autori ne analizzano le strategie “web”, con particolare riferimento alla possibilità e facilità di utilizzo su dispositivi mobili. Sottolineano come tali scelte giochino un ruolo chiave nel coinvolgimento delle (potenziali) fasce di pubblico giovane e giovanissimo, fattore molto importante nell’ambito di un prodotto culturale fruito da un’utenza più anziana rispetto alle altre forme di spettacolo. Gli stessi autori sottolineano il contributo della produzione operistica all’attrattività dell’Italia come destinazione turistico-culturale. Alla luce di quanto discusso, appare dunque di estremo interesse un lavoro di misurazione delle performance delle Fondazioni Lirico-Sinfoniche, al fine di individuare i modelli manageriali che caratterizzano le best practices del settore. L’analisi che qui si propone riguarda una ricerca in corso ed estende, sotto il profilo metodologico e in merito alla base dati, un precedente studio sullo stesso tema (Bruno, Erbetta, Menozzi e Fraquelli, 2017). Si tratta di un’analisi di efficienza dell’attività delle Fondazioni Lirico-Sinfoniche Italiane basato sul metodo della Data Envelopment Analysis(che verrà meglio descritto nel paragrafo successivo). Inoltre, si cercano(tramite una regressione di second stage) le determinanti dell’efficienza, ossia i fattori che possono impattare sulla performance misurata. Innanzi tutto, verranno valutate le scelte strategiche relative alla presenza online dei teatri lirici (in termini di presenza sui social media, oppure di utilizzo di internet come canale di vendita). In questo modo si potrà dare riscontro empirico ai citati lavori che sottolineano l’opportunità del ricorso ai canali “online”. Inoltre, si controllerà per l’effetto di altri fattori, quali le scelte di esternalizzazione, l’impatto delle riforme, la localizzazione geografica e i flussi turistici che coinvolgono l’area in cui il teatro ha sede.
I teatri lirici italiani: efficienza, efficacia e ruolo della tecnologia
clementina bruno
;giovanni fraquelli;fabrizio erbetta;anna menozzi
2018-01-01
Abstract
L’opera lirica nasce in Italia agli inizi del XVII secolo; passeranno circa quarant’anni prima che questa forma d’arte si trasformi da fenomeno di corte in spettacolo a pagamento per il popolo (o almeno per la borghesia) e, quindi, “per il teatro”. Il primo teatro lirico in attività fu il teatro San Cassiano a Venezia (1637). Da quel momento i teatri lirici si diffusero a macchia d’olio in tutto il vecchio continente, prima, e nel Nord America, poi, fino a vantare ai nostri giorni una distribuzione territoriale che appare corretto definire globalizzata (Agid e Tarondeau, 2010). Purtroppo, il processo di produzione dello spettacolo “opera” presenta, dal punto di vista economico, le criticità comuni alle arti performative in genere, prima fra tutte la “malattia di Baumol” (Baumol e Bowen, 1965). Il termine punta a delineare la situazione per cui in questo settore (delle arti performative, appunto), caratterizzato da scarsi o nulli incrementi di produttività legati al progresso tecnologico, si affronti una costante e fisiologica difficoltà a far fronte a costi che, al contrario, crescono, poiché i prezzi dei fattori produttivi tendono a seguire l’andamento medio dell’economia (dove il progresso tecnologico porta, invece, i suoi benefici). Di qui nasce la costante necessità di garantire la sopravvivenza del settore attraverso sussidi pubblici o privati (Agid e Tarondeau, 2010; Trevisan, 2017). In Italia la produzione lirica è gestita da un elevato numero di enti teatrali. I teatri lirici maggiori, tuttavia, sono gestiti da 14 “Fondazioni Lirico-Sinfoniche”. L’attività delle Fondazioni è, come dicevamo, pesantemente sussidiata attraverso contributi pubblici, tra cui spicca il ruolo del FUS, il Fondo Unico per lo Spettacolo, istituito nel 1985 allo scopo di finanziare lo spettacolo dal vivo. Tuttavia, come si è detto, dal punto di vista economico la produzione di spettacoli è un’attività in cui è estremamente difficile giungere alla copertura dei costi, e il comparto dell’opera è, con tutta probabilità, quello che presenta costi di produzione più alti. Non è quindi sorprendente che molte delle Fondazioni si siano trovate ad affrontare pesanti situazioni di crisi economico-finanziaria. In questo quadro generale, la legge Bray interviene nel 2013 ad apportare una importante riforma nel sistema, modificando la governance delle Fondazioni e introducendo incentivi al miglioramento dell’efficienza. L’approccio generale della riforma appare condivisibile. E’ pur vero, infatti, che nell’ambito delle “performing arts” il progresso tecnologico difficilmente permette consistenti incrementi di produttività, ma questo non implica che all’interno del settore non si riscontrino margini di miglioramento, almeno in termini di allineamento a quelle che possono essere le “migliori pratiche”. In secondo luogo, probabilmente, il progresso tecnologico può supportare in modo molto limitato l’attività di produzione in senso stretto, ma l’ICT fornisce notevoli opportunità nell’ambito del marketing e della comunicazione, che possono essere efficacemente sfruttate dai teatri lirici con opportune scelte strategiche. Per esempio, Hausmann e Poellmann (2013) segnalano come i teatri tedeschi facciano largo uso dei social media e come questi possano rappresentare uno strumento molto efficace per il marketing, partendo dalla comunicazione, passando per il supporto delle ricerche di mercato, per arrivare dell’attività di management dell’innovazione e della reputazione. Focalizzato sulle Fondazioni italiane è, invece, lo studio di Miche Peretta (2017). Gli autori ne analizzano le strategie “web”, con particolare riferimento alla possibilità e facilità di utilizzo su dispositivi mobili. Sottolineano come tali scelte giochino un ruolo chiave nel coinvolgimento delle (potenziali) fasce di pubblico giovane e giovanissimo, fattore molto importante nell’ambito di un prodotto culturale fruito da un’utenza più anziana rispetto alle altre forme di spettacolo. Gli stessi autori sottolineano il contributo della produzione operistica all’attrattività dell’Italia come destinazione turistico-culturale. Alla luce di quanto discusso, appare dunque di estremo interesse un lavoro di misurazione delle performance delle Fondazioni Lirico-Sinfoniche, al fine di individuare i modelli manageriali che caratterizzano le best practices del settore. L’analisi che qui si propone riguarda una ricerca in corso ed estende, sotto il profilo metodologico e in merito alla base dati, un precedente studio sullo stesso tema (Bruno, Erbetta, Menozzi e Fraquelli, 2017). Si tratta di un’analisi di efficienza dell’attività delle Fondazioni Lirico-Sinfoniche Italiane basato sul metodo della Data Envelopment Analysis(che verrà meglio descritto nel paragrafo successivo). Inoltre, si cercano(tramite una regressione di second stage) le determinanti dell’efficienza, ossia i fattori che possono impattare sulla performance misurata. Innanzi tutto, verranno valutate le scelte strategiche relative alla presenza online dei teatri lirici (in termini di presenza sui social media, oppure di utilizzo di internet come canale di vendita). In questo modo si potrà dare riscontro empirico ai citati lavori che sottolineano l’opportunità del ricorso ai canali “online”. Inoltre, si controllerà per l’effetto di altri fattori, quali le scelte di esternalizzazione, l’impatto delle riforme, la localizzazione geografica e i flussi turistici che coinvolgono l’area in cui il teatro ha sede.File | Dimensione | Formato | |
---|---|---|---|
EXTENDED-ABSTRACT-VENEZIA-PARTE-I.pdf
file disponibile agli utenti autorizzati
Tipologia:
Documento in Post-print
Licenza:
DRM non definito
Dimensione
11.51 MB
Formato
Adobe PDF
|
11.51 MB | Adobe PDF | Visualizza/Apri Richiedi una copia |
I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.