Sono numerose le osservazioni di Michail Bachtin sul carattere “plurivoco”, “pluritonale” e “pluriaccentuale” di silenzi, pause, preterizioni del testo e sulla contiguità di ellissi, ironia e antifrasi nelle repliche del dialogo fra gli eroi e fra autore ed eroe dell’opera letteraria. I dati emersi in particolare dalle analisi stilistiche dei romanzi di Dostoevskij conferiscono concretezza di esemplificazione alla fenomenologia del non detto e delle sue potenzialità figurali che lo studioso russo elabora a partire dagli anni Venti fino agli anni Settanta del Novecento, e si saldano alle riflessioni teoriche registrate sui suoi quaderni di lavoro. Assai rilevante risulta in questo senso il confronto serrato da lui condotto con gli scritti del filosofo tedesco Otto Bollnow. Allievo di George Misch (altro autore caro a Bachtin), rappresentante di una corrente di pensiero situata all’incrocio tra fenomenologia, filosofia della vita e storicismo diltheyano, Bollnow dedica ampio spazio al silenzio nella sua opera Die Ehrfurcht del 1947 che Bachtin legge attentamente, compendia e traduce in russo. Anche per l’opera precedente di Bollnow Das Wesen der Stimmungen (1941) Bachtin mostra interesse, e non per caso, visto il ruolo fondamentale assegnato alle tonalità emotive dall’antropologia filosofica e dalla filosofia del linguaggio e della letteratura bachtiniane fin da loro sorgere. Anche grazie a Bollnow il pensatore russo prosegue dunque la sua ricerca sulle modalità di incarnazione/traduzione testuale di quelle manifestazioni dell’affettività umana che mostrano la struttura costitutiva del rapporto di alterità. In esse infatti agiscono contemporaneamente, secondo Bollnow, “due forze contrastanti, una di avvicinamento all’oggetto, l’altra di distanziamento” (nei termini di Bachtin è la vne-nachodimost’: ‘trovarsi-fuori’ o ‘esotopia’); una “passiva attività” che è al contempo “attiva passività”. L’esito della ricerca bachtiniana conduce così all’individuazione delle forme testuali delle Stimmungen nei modi del parlare indiretto. Se poi il sentimento (Gehfül nell’accezione ristretta esplicitata da Bollnow) è rivolto a un oggetto, è intenzionale, determinato, la Stimmung, al contrario, non ha un oggetto determinato, è indeterminata “colorazione dell’esistenza”; con un’equazione metaforica, si potrebbe allora dire che il sentimento sta alla tonalità emotiva come la parola sta al silenzio. In entrambi i casi Bachtin rifugge però dalla dicotomia irriducibile e dalla tentazione apofatica: cerca invece, tenacemente, il corpo vivo e parlante della latenza, nel darsi responsabile della loro relazione reciproca.

L'attiva passività e la passiva attività del silenzio: Stimmungen del testo e parlare indiretto nel pensiero di Michail Bachtin

SINI, Stefania Irene
2016-01-01

Abstract

Sono numerose le osservazioni di Michail Bachtin sul carattere “plurivoco”, “pluritonale” e “pluriaccentuale” di silenzi, pause, preterizioni del testo e sulla contiguità di ellissi, ironia e antifrasi nelle repliche del dialogo fra gli eroi e fra autore ed eroe dell’opera letteraria. I dati emersi in particolare dalle analisi stilistiche dei romanzi di Dostoevskij conferiscono concretezza di esemplificazione alla fenomenologia del non detto e delle sue potenzialità figurali che lo studioso russo elabora a partire dagli anni Venti fino agli anni Settanta del Novecento, e si saldano alle riflessioni teoriche registrate sui suoi quaderni di lavoro. Assai rilevante risulta in questo senso il confronto serrato da lui condotto con gli scritti del filosofo tedesco Otto Bollnow. Allievo di George Misch (altro autore caro a Bachtin), rappresentante di una corrente di pensiero situata all’incrocio tra fenomenologia, filosofia della vita e storicismo diltheyano, Bollnow dedica ampio spazio al silenzio nella sua opera Die Ehrfurcht del 1947 che Bachtin legge attentamente, compendia e traduce in russo. Anche per l’opera precedente di Bollnow Das Wesen der Stimmungen (1941) Bachtin mostra interesse, e non per caso, visto il ruolo fondamentale assegnato alle tonalità emotive dall’antropologia filosofica e dalla filosofia del linguaggio e della letteratura bachtiniane fin da loro sorgere. Anche grazie a Bollnow il pensatore russo prosegue dunque la sua ricerca sulle modalità di incarnazione/traduzione testuale di quelle manifestazioni dell’affettività umana che mostrano la struttura costitutiva del rapporto di alterità. In esse infatti agiscono contemporaneamente, secondo Bollnow, “due forze contrastanti, una di avvicinamento all’oggetto, l’altra di distanziamento” (nei termini di Bachtin è la vne-nachodimost’: ‘trovarsi-fuori’ o ‘esotopia’); una “passiva attività” che è al contempo “attiva passività”. L’esito della ricerca bachtiniana conduce così all’individuazione delle forme testuali delle Stimmungen nei modi del parlare indiretto. Se poi il sentimento (Gehfül nell’accezione ristretta esplicitata da Bollnow) è rivolto a un oggetto, è intenzionale, determinato, la Stimmung, al contrario, non ha un oggetto determinato, è indeterminata “colorazione dell’esistenza”; con un’equazione metaforica, si potrebbe allora dire che il sentimento sta alla tonalità emotiva come la parola sta al silenzio. In entrambi i casi Bachtin rifugge però dalla dicotomia irriducibile e dalla tentazione apofatica: cerca invece, tenacemente, il corpo vivo e parlante della latenza, nel darsi responsabile della loro relazione reciproca.
2016
978-88-6058-096-2
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