Le soggettività cresciute in provincia/periferia sono il posizionamento strategico per comprendere le molteplici oppressioni di classe, razza, identità di genere e orientamento sessuale. In questo contesto, l'adolescenza viene presentata come caratterizzata da desideri di evasione, fantasie di trasgressione e desiderio di autosufficienza e stabilità; desideri che sono mediati, tuttavia, da strutture socioculturali persistenti come i sistemi di eterosessualità (Rich 1990) e di maschilità obbligatoria (Virtù 2022). Questo articolo analizzerà le opere cinematografiche contemporanee delle registe italiane Chiara Bellosi, Emma Dante e Alba Rohrwacher, e delle registe francesi Céline Sciamma e Alice Diop. Prendendo in prestito dalla teoria narrativa la nozione di desiderio come matrice strutturale (de Lauretis 1984), possiamo illuminare i luoghi del margine (hooks 1984) e le soggettività che lo abitano. Confrontandosi con il concetto di "sguardo oppositivo" (hooks 1992) e con le pratiche di "fare-mondo queer" (Muñoz 1999), le registe raccontano realtà complesse e in movimento, liberando significati senza sovrapposizioni: per comprendere il margine, è necessario decolonizzare lo sguardo.

«Il luogo dei desideri senza fine»: materialità delle vite adolescenti in provincia e periferia

Graziana Marziliano
2024-01-01

Abstract

Le soggettività cresciute in provincia/periferia sono il posizionamento strategico per comprendere le molteplici oppressioni di classe, razza, identità di genere e orientamento sessuale. In questo contesto, l'adolescenza viene presentata come caratterizzata da desideri di evasione, fantasie di trasgressione e desiderio di autosufficienza e stabilità; desideri che sono mediati, tuttavia, da strutture socioculturali persistenti come i sistemi di eterosessualità (Rich 1990) e di maschilità obbligatoria (Virtù 2022). Questo articolo analizzerà le opere cinematografiche contemporanee delle registe italiane Chiara Bellosi, Emma Dante e Alba Rohrwacher, e delle registe francesi Céline Sciamma e Alice Diop. Prendendo in prestito dalla teoria narrativa la nozione di desiderio come matrice strutturale (de Lauretis 1984), possiamo illuminare i luoghi del margine (hooks 1984) e le soggettività che lo abitano. Confrontandosi con il concetto di "sguardo oppositivo" (hooks 1992) e con le pratiche di "fare-mondo queer" (Muñoz 1999), le registe raccontano realtà complesse e in movimento, liberando significati senza sovrapposizioni: per comprendere il margine, è necessario decolonizzare lo sguardo.
2024
9788875903251
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11579/208822
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