Il saggio vuol essere il primo bilancio complessivo della recente storiografia politico-istituzionale sugli Stati sabaudi nel XVII secolo, un secolo che si può definire «ritrovato» in quanto è stato ampiamente trascurato dalla ricerca fino alle soglie degli anni Ottanta. Il prevalente interesse per il Settecento e per l’età dell’illuminismo da parte della scuola torinese di Franco Venturi ha portato alla sottovalutazione del secolo precedente, letto sotto il segno del declino e dell’involuzione confessionale, anche per quanto concerneva gli spazi sabaudi, diversamente da quanto avveniva per altri Stati o altre formazioni politiche italiane. A ridestare l’attenzione sul Seicento sono state la storiografia artistico-architettonica e quella letteraria che diffondevano un’immagine nuova e positiva dell’età barocca, mentre la storiografia generale ha cominciato a colmare il vuoto sulla spinta di grandi opere editoriali dedicate ai territori sabaudi e alla loro capitale, e di iniziative promosse dagli storici dell’arte. Vengono richiamati i dibattiti sul livello di “modernità” dello Stato sabaudo e sulla lunga permanenza di una società di corte parallela o antitetica all’apparato statale e alla monarchia ben regolata. Viene infine indicata una serie di temi di ricerca finora non adeguatamente o non del tutto esplorati, sottolineando l’esigenza di studi più approfonditi sui ceti dirigenti, sull’opinione pubblica, sulle persistenti autonomie periferiche, sui rapporti non soltanto diplomatici col resto d’Italia.

Il Seicento ritrovato: società, istituzioni, economia nel secolo barocco

Claudio Rosso
2018-01-01

Abstract

Il saggio vuol essere il primo bilancio complessivo della recente storiografia politico-istituzionale sugli Stati sabaudi nel XVII secolo, un secolo che si può definire «ritrovato» in quanto è stato ampiamente trascurato dalla ricerca fino alle soglie degli anni Ottanta. Il prevalente interesse per il Settecento e per l’età dell’illuminismo da parte della scuola torinese di Franco Venturi ha portato alla sottovalutazione del secolo precedente, letto sotto il segno del declino e dell’involuzione confessionale, anche per quanto concerneva gli spazi sabaudi, diversamente da quanto avveniva per altri Stati o altre formazioni politiche italiane. A ridestare l’attenzione sul Seicento sono state la storiografia artistico-architettonica e quella letteraria che diffondevano un’immagine nuova e positiva dell’età barocca, mentre la storiografia generale ha cominciato a colmare il vuoto sulla spinta di grandi opere editoriali dedicate ai territori sabaudi e alla loro capitale, e di iniziative promosse dagli storici dell’arte. Vengono richiamati i dibattiti sul livello di “modernità” dello Stato sabaudo e sulla lunga permanenza di una società di corte parallela o antitetica all’apparato statale e alla monarchia ben regolata. Viene infine indicata una serie di temi di ricerca finora non adeguatamente o non del tutto esplorati, sottolineando l’esigenza di studi più approfonditi sui ceti dirigenti, sull’opinione pubblica, sulle persistenti autonomie periferiche, sui rapporti non soltanto diplomatici col resto d’Italia.
2018
978-88-430-8690-0
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